Tutto gira intorno alla comunicazione. Al rapporto tra magistrati e media. È su questo che il Csm potrebbe essere di nuovo chiamato a pronunciarsi. Più precisamente, sul rapporto tra le Procure di Roma e di Napoli. E in particolare sulle tensioni ( sempre presunte) nate attorno all’inchiesta Consip. E anche sul ruolo che il pm partenopeo Henry John Woodcock potrebbe aver avuto rispetto alla complessa dinamica dei fatti. Al prima e al dopo, vale a dire sia nella fase di costruzione dell’indagine, passata poi ai colleghi capitolini, sia rispetto a quanto trapelato sui giornali a inizio aprile, quando Piazzale Clodio ha messo sotto inchiesta anche il capitano del Noe Gian Paolo Scafarto.

Il procuratore generale di Napoli Luigi Riello torna a chiedere «riserbo» ai pm. E alcuni nuovi dettagli dell’interrogatorio a cui Scafarto è stato sottoposto giovedì scorso dai magistrati della Procura di Roma complicano il groviglio di supposizioni sul “peso” che lo stesso Woodcock potrebbe aver avuto nella stesura dell’informativa Consip. Ieri si è appreso che Scafarto informò «immediatamente» la Procura di Napoli del cessato allarme sugli 007.

«Quando ci rendemmo conto che veniva meno l’ipotesi di uno spionaggio nei nostri confronti da parte dei Servizi, ne parlammo subito con i magistrati della Procura di Napoli». Ovvero il procuratore aggiunto Filippo Beatrice, che coordina i sostituti Celeste Carrano e, appunto, Henry John Woodcock. Se fosse davvero così verrebbero almeno in parte contraddette le considerazioni attribuite a Woodcock nell’articolo di repubblica con cui, lo scorso 13 aprile, si dava conto dei discorsi fatti dal pm con alcuni suoi colleghi. In quella ricostruzione, il magistrato dice che «per Napoli quel- le carte sono tuttora un interna corporis, su cui non abbiamo compiuto nessun atto. Le abbiamo passate a Roma». Questo avrebbe spiegato, sempre secondo la riflessione attribuita al pm, per quale motivo il pool partenopeo non avrebbe attivato alcun «controllo» sulla documentazione predisposta dal Noe. E però se è vero che Scafarto disse ai pm partenopei, Woodcock compreso, che era crollata l’ipotesi di un “controspionaggio” attivato, in ultima analisi, da Renzi per “monitorare” l’indagine condotta ( anche) su suo padre, se è così, sarebbe ragionevole pensare che avrebbero dovuto essere gli stessi magistrati, sempre Woodcock compreso, a dare conto ai colleghi di Roma della grave omissione compiuta dallo stesso Scafarto. Mentre a quanto pare Pignatone ci è arrivato da solo.

Ma naturalmente non si può dare per scontato che i discorsi di Woodcock riferiti a Repubblica dai colleghi del pm corrispondano perfettamente alle parole di quest’ultimo. In ogni caso che l’omissione di Scafarto sia grave sono convinti il procuratore di Roma Pignatone, l’aggiunto Ielo e il sostituto Palazzi: è stata «una sottrazione significativa di elementi di valutazione», la mancata menzione, nell’informativa, dei riscontri negativi raccolti dal Noe su un «autista sospetto e il suo Suv» sospettato in un primo momento dai carabinieri di essere una “auto tecnica” dei Servizi.

Scafarto nell’interrogatorio avrebbe detto di aver omesso quelle verifiche “negative” sugli 007 perché «irrilevanti». E meno male che le note sui Servizi erano sembrate così interessanti a Woodcock che lo stesso pm, secondo quanto rivelato da Scafarto nell’interrogatorio, gli avrebbe suggerito appunto di «farne un capitolo a parte». Chiedersi come Scafarto possa aver sottovalutato le successive evidenze dell’inesistente attività di controspionaggio, è tema delle ipotesi d’accusa nei suoi confronti. In ogni caso, il presunto invito di Woodcock a valorizzare la presunta presenza dei Servizi ha un peso notevole. E qui torna il discorso della comunicazione: perché mai un pm dovrebbe indirizzare un agente di polizia giudiziaria sull’ordine più coerente da dare a un’informativa che solo a lui stesso ( cioè il pm) dovrebbe essere indirizzata? È il carabiniere che dovrebbe dare l’informativa al sostituto, non il sostituto che dice al carabiniere come scrivere l’informativa. Tanto più che quella documentazione ha lasciato intravedere un reato gravissimo: un uso improprio, a fini personali, dei Servizi da parte di Renzi, o chi per lui. E ancora, sempre l’informativa di Scafarto conteneva dei falsi oggettivi, quelli sugli 007 appunto: se per assurdo fossero vere le rivelazioni di Scafarto su Woodcock, quest’ultimo avrebbe inconsapevolmente e indirettamente favorito la divulgazione di notizie gravi e false. Un groviglio appunto. Ieri il procuratore generale di Napoli Luigi Riello ha riunito il reggente Fragliasso e l’aggiunto che coordina i pm di Consip, Beatrice, per affermare due concetti. Primo: ci vuole «riserbo» da parte degli inquirenti. Secondo: da parte di Fragliasso «non c’è stata alcuna contradditorietà circa l’inesistenza di conferme o revoche di fiducia nei confronti del Noe». Sono i giornali ad aver fatto qualche «forzatura». Il tutto è stato affidato, da Riello, a un ampio comunicato. In cui si riafferma anche l’inesistenza di «contrasti tra Roma e Napoli». E allora resta il dubbio su chi ci fosse dietro «gli ambienti della Procura partenopea» che lo scorso 12 aprile fecero sapere ai media della conferma del mandato ai carabinieri del Noe appena sfiduciati da Roma. Non è stato Fragliasso. Che esclude a sua volta sia stato il suo aggiunto Beatrice. E ricorda pure: «Ogni esternazione sul punto sarebbe stata impropria e non consentita interferenza con l’attività di altra Autorità giudiziaria». E allora, se non lui, chi ha creato l’interferenza? E per rispondere, sarebbe o no il caso che il Csm aprisse un’indagine?

Nel dubbio, ieri Renzi ha rilanciato il tweet di un blog a lui vicino, In cammino, che forza un po’ il Corriere e dice: «Scafarto: ‘ Concordai con Woodcock capitolo sui Servizi. Ma era falso». Falso pure il tweet. Ma si può capire l’ansia di rivalsa dell’ex premier.

ALTRI DETTAGLI DALLE “RIVELAZIONI” DEL CAPITANO SCAFARTO SUI PM PARTENOPEI: «LI INFORMAI SUBITO CHE L’IPOTESI 007 ERA FALSA». IL SOSTITUTO IMPEGNATO SU CONSIP DISSE DI AVER SOLO «PASSATO A ROMA» LE NOTE DEL NOE