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Quello dei farmaci è uno dei punti critici ricorrenti nelle nostre carceri che comporta ingestibili eventi critici. Ed è quello che emerge dalla relazione annuale redatta da Roberto Cavalieri, il garante regionale delle persone private della libertà dell’Emilia Romagna.
Secondo il garante, la questione denota un quadro rilevante e di complessa gestione. Si riporta l’esempio del trasferimento di detenuti da territori non regionali e che giungono in carcere con terapie farmacologiche che possono non trovare l’assenso dei nuovi sanitari oppure prevedere farmaci non presenti nei protocolli regionali. Il tema si concentra in particolare sui farmaci psicoattivi. Emerge che il fenomeno dell’uso improprio di farmaci è assai diffuso nelle strutture penitenziarie e rappresenta una preoccupazione per la tutela della salute dei detenuti e la sicurezza degli istituti. Nel mese di dicembre il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria ha emanato una circolare contenente l’invito ai Provveditorati di vigilare sull’uso improprio del farmaco Lyrica, farmaco utilizzato per la cura delle patologie neurologiche per trattare l’epilessia, il dolore neuropatico e il Disturbo d’Ansia Generalizzata (Gad). Perché la necessità di questa circolare? Il garante Cavalieri denuncia che i detenuti dividono in metà le capsule inalando il contenuto per raggiungere effetti simili a quelli offerti dalla cocaina e quindi altamente eccitanti. L’assunzione così descritta non è circoscritta ai detenuti destinatari della prescrizione ma si estende agli altri reclusi che entrano in possesso, in modo improprio e con meccanismi spesso coercitivi, del farmaco con quelli che si definiscono meccanismi di “scambio”. Questa tipologia di fenomeno è largamente presente negli istituti penitenziari.
Sempre nella relazione annuale relativa agli istituti penitenziari dell’Emilia Romagna, si osserva che gli unici deterrenti al fenomeno dell’uso improprio dei farmaci appaiono essere: il controllo delle prescrizioni di farmaci e delle tipologie di farmaci, la somministrazione a vista dei farmaci, la riduzione della concentrazione di detenuti che abusano di sostanze in una medesima sezione detentiva. Tutti queste possibili azioni di contrasto – denuncia il Garante Cavalieri nella relazione - comportano problematiche attuative data l’alta richiesta di farmaci da parte dei reclusi, il maggior impiego di operatori sanitari che richiede la somministrazione a vista, l’impossibilità di ridurre la concentrazione di detenuti tossicodipendenti rappresentando questi una larga parte della popolazione detenuta.
Emerge anche che la distribuzione dei farmaci comporta criticità assai complesse. Dal rischio di abuso, traffico e anche accumulo generando così degli eventi critici. Anche le competenze circa la distribuzione dei farmaci cosiddetti da banco ha generato problemi di competenza in alcuni istituti. Nel mese di agosto il Garante regionale Cavalieri è dovuto intervenire dopo che la sanità penitenziaria aveva interrotto la distribuzione di farmaci non prescritti alle detenute del reparto AS3 generando una serie di problematiche intere e la protesta delle recluse. “È opportuno richiamare la necessità di autonomia dei sanitari nelle decisioni che devono avere carattere unicamente deontologico e finalizzato alla tutela della salute del paziente. In alcun modo la somministrazione di farmaci può essere sollecitata o richiesta da personale di Polizia Penitenziaria per la gestione di detenuti con problematiche comportamentali”, osserva il Garante nella relazione.
Il carcere più complesso e difficile sul versante sanitario è quello di Parma. Trattasi di un Istituto che nel corso degli anni è stato destinatario di diversi interventi che ne hanno determinato una vocazione primaria nell'ambito del circuito alta sicurezza (AS1, AS3 e 41 bis), riducendo contestualmente la capienza per i detenuti appartenenti al circuito media sicurezza, presenti sia in sezioni circondariali che di reclusione. Lo scorso anno è stato aperto il nuovo padiglione, di circa 200 posti destinato a detenuti di media sicurezza. La complessità e le problematiche dell'istituto sono aggravate dalla presenza di un SAI (Servizio Assistenza Intensificata) e di una sezione minorati fisici. Ciò continua a determinare numerose assegnazioni di detenuti anche da altri distretti, a causa delle carenze dei servizi della sanità penitenziaria in alcune regioni. L’elevato numero di tali assegnazioni determina l’allocazione dei detenuti assegnati per problematiche di salute prevalentemente nelle sezioni ordinarie.
Il Garante sottolinea le ricorrenti criticità che si riscontrano in ambito sanitario in questa struttura di massima sicurezza: alto numero di persone assegnate e bisognose di essere collocate nel centro clinico invece che nella sezione comune ( si è spesso superato il numero di 200 persone), necessità che la sanità riceva preventivamente informazioni sui soggetti che giungono per cure da altri istituti al fine di permettere una valutazione e programmare gli interventi necessari, ridurre le barriere architettoniche presenti, predisposizione di una sezione dimittendi.
Non solo. L’alto numero di detenuti non autosufficienti nel carcere di Parma e comunque bisognosi di un sostegno nelle attività di vita quotidiana indicano la necessità di avere personale socio- sanitario dedicato superando l’assegnazione ai cosiddetti piantoni (detenuti assunti dall’amministrazione penitenziaria per assistere i detenuti malati) privi delle necessarie competenze.
A luglio scorso è stato evidenziato alla direzione del carcere e al referente sanitario il fatto che dai colloqui con i ristretti emergevano preoccupazioni, in particolare da parte di coloro che soffrono di patologie cardiopatiche, in relazione alla qualità della vita quotidiana in quanto persone malate. I punti attenzionati sono stati diversi. Gli orari in cui si svolgono le ore di aria che vengono collocate in momenti in cui il caldo parrebbe indicare un pericolo nell’esposizione all’aperto di persone detenute cardiopatici. Sul punto il Garante regionale ha indicato la necessità di offrire alternative all'accesso all’ora d’aria tali da tutelare la salute dei detenuti cardiopatici optando per ambienti coperti e orari antimeridiani che sfruttino le prime ore di luce. Punto due. Favorire l’accesso ad attività motorie anche con il coinvolgimento di istruttori; Altri punti sono il rispetto delle diete alimentari e, conseguentemente, la fornitura di pasti corretti ove prescritti; la necessità di collocare sia dei defibrillatori che siano visibili e accessibili nei piani delle sezioni per un pronto intervento in caso di urgenza, sia di fornire un valido supporto psicologico per sostenere le preoccupazioni dei pazienti cardiopatici; ridurre i tempi di accesso degli operatori del 118 quando interpellati per le urgenze. A ciò si aggiungono le criticità, diffuse, legate alla fornitura di vitti per persone con patologie. Ricorrenti sono le lamentele dei detenuti in tal senso. Il problema rilevato dal Garante regionale si concentra su due punti: da una parte l’assenza della prescrizione del nutrizionista e dall’altra le difficoltà delle direzioni nell’assicurare con i servizi interni questa tipologia di bisogno. Cavalieri ha constatato che in tutte le carceri è apparso insufficiente l’attenzione prestata alla carta dei servizi sanitari erogati nelle strutture detentive. La documentazione non è reperibile nei contesti penitenziari, appare essere nei contenuti disallineata o non aggiornata rispetto ai servizi presenti, poco comprensibile sulle modalità di accesso ai servizi, in un solo caso esistono traduzioni in lingua. In tutte le documentazioni esaminate è assente l’indicazione del servizio di relazione con il pubblico con i riferimenti ai quali rivolgersi in caso di criticità.