I penalisti entrano con forza nel dibattito sulla prescrizione. Gli avvocati incroceranno le braccia per tre giorni, dal 24 al 26 maggio, astenendosi dal prendere parte alle udienze, «contro una riforma asistematica del processo» ma soprattutto contro lo slogan «prescrizione più lunga e processi più brevi». Un attacco diretto al disegno di legge del governo Renzi che - dopo l’approvazione alla Camera - è arrivato proprio in questi giorni alla commissione Giustizia del Senato.Allungare i termini di prescrizione per ridurre la durata dei processi è «un ossimoro per coprire le carenze organizzative che portano oltre il 70% dei processi a prescriversi nel corso delle indagini preliminari» ma soprattutto una previsione che viola «la presunzione di innocenza, il diritto alla vita degli imputati», scrive il presidente dell’Unione Camere Penali, Beniamino Migliucci. Per l’Unione dei penalisti, l’auspicata riforma del processo è ormai un treno impazzito, che aggiunge elementi distorsivi al modello accusatorio, sulla scia del clamore mediatico. Il riferimento è all’eccessivo utilizzo delle misure di sicurezza (il cosiddetto «doppio binario») e all’estensione del cosiddetto «processo a distanza», che prevede udienze in videoconferenza per i detenuti, per abbattere i costi degli spostamenti ma violando il diritto ad essere presenti in aula al proprio processo. Non solo, le ragioni dello sciopero riguardano anche il secondo tema caldo sul banco del governo: le intercettazioni. Secondo i penalisti, questo strumento investigativo è stato ormai collocato al centro del processo, anche a costo di piegare il sistema processuale, a scapito delle tutele costituzionali. Gli avvocati citano la recentissima pronuncia delle Sezioni Unite della Cassazione, che allarga la possibilità di utilizzo dei cosiddetti «Trojan Horse», le intercettazioni informatiche, ma lamentano anche il fatto che le intercettazioni continuano ad essere oggetto di pubblicazione illegittima, a fronte di una normativa sullo stralcio «del tutto insufficiente a garantire la riservatezza di chi viene indirettamente intercettato e la distruzione delle registrazioni irrilevanti ai fini della prova del reato».Uno sciopero, dunque, le cui ragioni toccano tutti i punti più controversi dell’ultima stagione di riforme in materia di giustizia, riaccendendo la miccia di una discussione già infuocata tra magistratura e politica. Per il governo, dunque, si apre un nuovo fronte di polemica, questa volta con gli avvocati. Il Guardasigilli Andrea Orlando prova a smorzare i toni, considerando lo sciopero degli avvocati «Parte della normale dialettica tra soggetti della giurisdizione». Una sorta di gioco delle parti, insomma, in cui avvocati, magistrati e governo si muovono secondo schemi che riflettono il loro ruolo nell’ordinamento. Eppure, le critiche mosse dai penalisti riguardano anche i rapporti di forza tra poteri dello Stato: «Il conflitto aperto dalla Magistratura associata nei confronti della Politica sembra ripercorrere un’idea dei rapporti tra poteri in una mera logica di supremazia, dimenticando che il tema centrale della contemporaneità è piuttosto quello di operare un riequilibrio dei singoli poteri».L’astensione dai processi vuole essere un richiamo a sostegno dell’autonomia del Legislatore, perchè «la Politica ribadisca con forza non solo la propria indipendenza dalla magistratura, ma si sottragga alla azione condizionale del populismo». Un richiamo polemico che getta ulteriore benzina sul fuoco dell’ingerenza della magistratura nella vita politica del Paese.