La Cassazione non è stata insensibile alle istanze difensive dei cinque ex togati del Consiglio superiore della magistratura, Luigi Spina, Corrado Cartoni, Paolo Criscuoli, Antonio Lepre e Gianluigi Morlini, condannati alla sospensione dalle funzioni per aver partecipato ad un incontro, il 9 maggio 2019, presso un albergo romano dove si discusse della nomina del nuovo procuratore della Capitale. Con un non comune self restraint, le Sezioni Unite di piazza Cavour, presidente Guido Raimondi, relatore Enrico Manzon, hanno preferito attendere la pronuncia della Consulta sull'utilizzabilità o meno delle intercettazioni effettuate con il trojan inserito nel cellulare di Luca Palamara nel procedimento riguardante Cosimo Ferri, magistrato in aspettativa e parlamentare di Italia viva, ed utilizzate come fonti di prova contro i cinque togati. Secondo diversi giuristi interpellati dal Dubbio, dalla decisione della Cassazione trasparirebbe la chiara volontà di non condizionare la Consulta con una anticipazione del giudizio. L'Aula di Montecitorio, lo scorso gennaio, aveva approvato con 227 voti a favore e 86 contrari (M5S e Alternativa) la relazione della Giunta per le autorizzazioni con la quale il relatore Pietro Pittalis (FI) aveva chiesto di vietare lutilizzo delle conversazioni, in quanto acquisite in violazione dellarticolo 68 della Costituzione. Una violazione consapevole secondo i deputati, tanto da spingere Andrea Delmastro Delle Vedove, di Fratelli dItalia, a parlare di un «regolamento di conti interno alla magistratura nel quale i deputati non devono entrare».Ferri era stato accusato di aver tenuto un comportamento gravemente scorretto nei confronti dei colleghi che concorrevano per il posto di procuratore di Roma e dei consiglieri di Palazzo dei Marescialli al fine di condizionare le funzioni attribuite dalla Costituzione allorgano di governo autonomo della magistratura. La procura generale della Cassazione ha sempre sostenuto che si fosse trattato di ascolti casuali. Di diverso avviso la difesa di Ferri, rappresentata dall'avvocato Luigi Panella, il quale, brogliacci alla mano, aveva rappresentato che sin da febbraio e quindi ben prima della cena allhotel Champagne gli inquirenti fossero a conoscenza della possibilità di imbattersi nel parlamentare di Iv, il cui nome compariva 341 volte nelle varie richieste di proroga delle intercettazioni telefoniche.I finanzieri del Gico, ascoltati come testimoni al Csm, erano stati allora costretti ad ammettere che lidentificazione di Ferri era avvenuta almeno a partire dalla metà di marzo del 2019. Sebbene non sia mai stato iscritto nel registro degli indagati, «appare ben più plausibile che egli sia stato un chiaro bersaglio delle indagini, che erano in concreto indirizzate anche ad accedere nella sua sfera di comunicazioni - affermò Pittalis -. Gli investigatori - aggiunse - avevano contezza che si sarebbe svolto lincontro allHotel Champagne e che vi avrebbero partecipato non uno, ma ben due deputati, ma non hanno avuto cura di interrompere unattività investigativa che non poteva essere effettuata con quelle modalità. La captazione del 9 maggio non può, dunque, minimamente essere ritenuta casuale e, conseguentemente, non lo sono nemmeno le successive». Se la Consulta dovesse decidere per l'illegittimità di tali intercettazioni, si aprirebbero scenari sui quali non è però agevole fare previsioni. Da un lato c'è giurisprudenza constante secondo cui non sono utilizzabili in un procedimento disciplinare delle intercettazioni acquisite in maniere illegittima. E ciò comporterebbe l'azzeramento de plano delle sanzioni. Dallaltro, i cinque davanti alla sezione disciplinare hanno ammesso, a vario titolo, di essersi incontrati per discutere allo Champagne della nomina del nuovo procuratore di Roma con soggetti esterni al Csm. Testimonianze che potrebbero essere valorizzate ai fini della decisione da parte della Consulta di conferma della sanzione irrogata. Un dato, comunque, a distanza di oltre tre anni dai fatti, è certo e riguarda le numerose zone dombra che hanno caratterizzato questa vicenda che ha cambiato la storia recente della magistratura italiana. Ad esempio, pare che Gemma Miliani, la pm perugina titolare del fascicolo aperto contro Palamara, fosse a conoscenza del fatto che Ferri era entrato prepotentemente nell'indagine. L'8 maggio del 2019, prima dell'incontro presso l'hotel Champagne, aveva infatti redatto una nota in cui sottolineava che "erano emersi molteplici contatti tra l'indagato e Ferri", evidenziando peraltro di essere stata testimone di nozze al matrimonio fra Federica Mariucci, anch'ella magistrato, e lo stesso Ferri nel 2005. Di tale nota, che allepoca non determinò lastensione della magistrata, si è avuto contezza solo nelle scorse settimane grazie allintervento dellattuale procuratore del capoluogo umbro Raffaele Cantone.