Emergenza, ancora emergenza, sempre emergenza carceraria con effetti deleteri anche per quei detenuti che non dovrebbero restare negli istituti penitenziari. S. D., 49 anni, è ospitato da qualche mese nel carcere di Cremona. È indagato, tra le varie cose, per rapina, minaccia, atti persecutori e danneggiamento. Il Gip del Tribunale di Lodi lo scorso 5 luglio ha revocato la misura cautelare della custodia in carcere, disponendo l’applicazione provvisoria della misura di sicurezza della libertà vigilata. Il motivo di questo provvedimento risiede nelle precarie condizioni psichiche del detenuto, che non può più restare in carcere e va seguito da una “comunità ad alta intensità di cura” con i relativi percorsi di cura presso il Centro psico- sociale ( Cps) di riferimento.

Sulla carta tutto è lineare e coerente con le condizioni critiche in cui versa S. D., riscontrate da una perizia psichiatrica in cui si rilevano l’incapacità di intendere e di volere e la pericolosità sociale.

Nella realtà, però, le cose cambiano. Il detenuto, nonostante la revoca della misura della custodia cautelare, non può essere trasferito in comunità per mancanza di posti. Una situazione che conferma la fragilità del sistema carcerario, dove gli anelli della stessa catena se si spezzano rendono tutto difficilmente gestibile. Nella giornata di ieri è giunta la conferma, da parte della direzione della casa circondariale di Cremona, della difficoltà a reperire nell’immediato una comunità ad alta intensità di cura, nonostante la gravità del caso. Il detenuto, infatti, in base alla relazione sanitaria dell’ospedale di Cremona del 25 luglio è stato dichiarato “affetto da piscosi maniacale e delirante, con disturbi del comportamento antisociale e portatore di invalidità civile al 100%”. Giunto nel carcere di Cremona, S. D. è stato collocato in una cella singola per il monitoraggio psichiatrico. Nel giro di poco tempo le sue condizioni di salute, da quanto risulta dalla relazione dell’Unità operativa della Sanità penitenziaria, sono peggiorate.

Vengono segnalati “comportamenti aggressivi, maniacali e disturbanti la tranquillità altrui soprattutto nei momenti notturni” e si sottolinea la necessità di applicare un “regime chiuso a tutela della sua e altrui incolumità” con “somministrazione della terapia psicotica long- acting”. Un altro passaggio della relazione sanitaria è chiaro: «Oggi – il detenuto, nda – è diventato di difficile gestione all’interno del reparto infermeria per via della sua forma grave di bipolarità e psicosi paranoide. Malgrado i multipli tentativi, non è possibile al momento trovare una Comunità/ Cps/ Rems che possano accoglierlo vista non solo la scarsità dei posti, ma anche i tempi di attesa».

L’avvocata Federica Liparoti del Foro di Milano, che assiste S. D., non nasconde la propria amarezza. «Si tratta – dice al Dubbio - di una persona fragile, affetta da infermità mentale tale da escludere la capacità di intendere e di volere al momento dei fatti che gli vengono contestati, come attestato dallo psichiatra incaricato dal Gip. Le sue condizioni di salute sono state valutate non compatibili con la detenzione in carcere. La procura di Lodi, a cui va il mio ringraziamento, si è attivata immediatamente perché la scarcerazione ed il collocamento presso una comunità ad alta intensità di cura avvenisse in tempi brevi, alla luce delle gravi condizioni di salute del mio assistito». Secondo Liparoti, la situazione rischia di precipitare. «Il ministero della Giustizia - commenta - ci ha comunicato che non vi sono posti disponibili in comunità e il mio cliente si trova ancora in carcere. La sua salute e le sue condizioni psichiche sono in continuo peggioramento. Sono molto preoccupata per il mio assistito e mi chiedo per quale motivo, nonostante una situazione che permane da anni, non si sia implementato il numero di posti disponibili nelle strutture sanitarie e in comunità. La Cedu ha già condannato più volte l’Italia per aver trattenuto illecitamente in carcere soggetti con problemi psichici e l’emergenza umanitaria in atto nei nostri penitenziari si sta consumando nel disinteresse generale».