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A febbraio compirà 80 anni, non è socialmente pericoloso, ma è recluso nel carcere romano di Rebibbia fin dal 2014 per reati commessi tanti anni fa e non gli viene concessa la detenzione domiciliare. Parliamo di Gino Baccani, classe 1938. Una persona anziana che in teoria ha tutti i requisiti per scontare la pena fuori dalla detenzione carceraria. Durante tutto questo periodo di pena ha dimostrato di rispettare le regole di disciplina della vita carceraria e ha rivalutato, in modo critico, le sue passate condotte criminose. Tutti gli operatori penitenziari, dagli educatori ai volontari che l’assistono, dicono che si è ravveduto. Ha dimostrarlo è anche l’ottima relazione dell’equipe di osservazione. Il signor Baccani si ritrova dentro per un cumulo di pene per due reati commessi a distanza di anni, traffico di sostanze stupefacenti: nel 1987 con sentenza definitiva nel 1989 e nel 2001 con sentenza definitiva emessa nel 2010. Ha così determinato una pena complessiva di 15 anni e 4 mesi di reclusione.
Tra l’altro, elemento importante, ha scontato già la pena riguardante il reato ostativo ( che non gli permette l’accesso ai benefici) che aveva determinato la prima condanna a sette anni di reclusione. Eppure niente da fare. Venne rigettata dal tribunale di sorveglianza la richiesta dei domiciliari ben motivata dal suo avvocato difensore Simona Filippi dell’associazione Antigone. A pensare che Baccani, non avendo una dimora in Italia, aveva ricevuto persino la disponibilità a essere ospitato nella misura della detenzione domiciliare dalla Casa dell’Associazione “Prendi tuo Fratello sulle Spal- le”, di Castelnuovo di Porto. Ha tutte le carte in regola per poter espiare la pena fuori dalle sbarre. A questo si aggiunge anche il fattore anagrafico. L’avvocata Simona Filippi lo evidenza nell’istanza che presentò. Viene sottolineato che l’art. 47 ter, comma 1, dell’ordinamento penitenziario prevede che la pena detentiva inflitta ad una persona che abbia compiuto i settanta anni di età «può essere espiata nella propria abitazione o in altro luogo pubblico di cura, assistenza ed accoglienza». Questa ipotesi di detenzione domiciliare ha una finalità umanitaria dettata dalla circostanza che il superamento di una certa soglia di età comporta delle difficoltà maggiori per chi si trova in carcere.
Evidentemente tutti questi elementi non sono stati presi in considerazione e il tribunale di sorveglianza, dopo aver dato atto che i reati per cui il Baccani è in esecuzione non sono più inclusi nel novero di cui all’art. 4 bis ( reati ostativi), arriva comunque a dichiarare inammissibile l’istanza in quanto ritiene il Baccani gravato di recidiva per condanne relative al cumulo in esecuzione: «[...] deve essere comunque rilevata l’inammissibilità di tale precisata domanda in quanto il Baccani annovera più condanne, alcune delle quali inserite nel cumulo in epigrafe, per le quali risulta applicata la recidiva», «il Baccani [...] - pur ultrasettantenne, non si trova nella condizione soggettiva prevista dalla norma di cui al citato comma 01, in quanto è recidivo» . L’avvocata Simona Filippi ha presentato il ricorso in Cassazione evidenziando una inosservanza o erronea applicazione dell’art. 47 ter, comma 1. Sì, perché tale comma è stato inserito nell’articolo dell’ordinamento penitenziario dal legislatore proprio per rilevare che il superamento di una certa soglia di età è considerata intrinsecamente incompatibile con la detenzione carceraria, indipendentemente dalle reali condizioni di salute della persona. Che senso ha, d’altronde, tenere in carcere una persona di oramai 80 anni che ha comunque commesso un reato diversi anni fa, quando, tra l’altro, nel frattempo si era ravveduto e abbandonato completamente quell’attività criminosa? Il principio umanitario della pena, contemplata in primis dalla Costituzione, non viene preso in considerazione nonostante Baccani ha tutti requisiti per poterne beneficiare. La preclusione della recidiva, inoltre, non ha senso visto che si si tratta di sentenze risalenti nel tempo e non facenti parte dell’attuale titolo in esecuzione. Anche per questo motivo, sempre nel ricorso alla Cassazione, il legale solleva una questione di legittimità costituzionale visto che «la preclusione opererebbe in modo assoluto e irragionevole, senza tenere conto della situazione concreta, in contrasto con i principi costituzionali della umanizzazione della pena e personalizzazione del trattamento». Intanto Gino Baccali il 2 febbraio compirà 80 anni e l’avvocata di Antigone, assieme ai volontari del carcere di Rebibbia e il garante regionale Stefano Anastasia, vuole organizzare la festa del suo compleanno. Sarà una iniziativa per evidenziare il suo problema e di tanti altri come lui. Quello degli anziani in carcere.
Infatti, nonostante l’articolo 47 ter, le patrie galere ospitano diversi ultrasettantacinquenni. Ad esempio, sempre a Rebibbia, c’è un altro signore anziano. Addirittura ultraottantenne. Si chiama Saverio Cerbara, classe 1936. A marzo compirà 82 anni. L’associazione Antigone ha potuto prendere informazioni su di lui. Condannato a 16 anni per omicidio, è entrato in carcere il 17 maggio 2017. Prima della sentenza definitiva ha scontato 4 anni di detenzione domiciliare presso un centro sull’Ardeatina. Cerbara appare agli occhi dei volontari di Antigone molto confuso, e disorientato nel tempo e nello spazio. Sempre Antigone ha potuto verificare che non è autonomo e viene aiutato dai compagni di stanza, anche per le cose più semplici. Avrebbe bisogno di un piantone. Come se non bastasse, per diversi mesi è stato collocato in cella con turca, e questo gli causava gravi difficoltà ad andare in bagno. Secondo Antigone, ultimamente la sua situazione sembra essere peggiorata. Infatti all’associazione sono arrivate diverse segnalazioni sullo stato del detenuto da parte del compagno di cella e degli stessi agenti di reparto g8. L’ultraottantenne soffre anche di perdita di memoria e questo comporta gravi conseguenze nell’assunzione dei farmaci che, invece, dovrebbe avvenire in modo regolare e preciso. Tanti sono i detenuti ultrasettantacinquenni, anche nel regime duro del 41 bis come ha già denunciato Il Dubbio.