IL LAVORO RENDE LIBERI?

FOUNDER ECONOMIA CARCERARIA

Con il formarsi degli Stati nazionali ma ancor più con il diffondersi delle rivoluzioni industriali, il lavoro diventa un tema centrale delle agende politiche di ogni paese. Nel nord Europa, soprattutto in Inghilterra e Olanda, in seguito alla riforma protestante e all’affermarsi della nuova etica calvinista fondata sul lavoro, si vennero a formare le cosiddette case di correzione o di lavoro.

Tali istituzioni sono teoricamente e formalmente diverse dalle prigioni ma da un punto di vista pratico possono essere assimilate.

Il primo istituto fu aperto a Londra nel 1555, il London Bridewell, e serviva per “liberare” la città da vagabondi e mendicanti promuovendo un sistema di “assunzione temporanea” e consentendo agli imprenditori locali di sfruttare la forza lavoro.

Nel corso degli anni e con lo sviluppo del primo capitalismo che richiedeva continuamente nuova forza lavoro, le prigioni medievali furono così sostituite dalle case di correzione.

L’organizzazione di queste case anticipò il regime che sarebbe stato adottato in futuro nei penitenziari moderni. Nel momento dell’ingresso il recluso veniva fatto spogliare, lavato e rivestito con un’uniforme; il tempo era scandito in base alle attività lavorative; le porte erano tenute chiuse e le persone avevano il permesso di uscire solo se autorizzati dal direttore. Potevano essere presenti anche stanze e celle d’isolamento per i detenuti più incorreggibili.

Interessante vedere che il termine galeotto e galera nasce in questo periodo. Le galee erano navi commerciali o da guerra che gli Stati nazionali utilizzavano nei traffici commerciali mediterranei e a volte oceanici. I rematori di tali imbarcazioni erano per lo più criminali condannati al lavoro forzato al remo della galea.

Le case di correzione, intanto, si diffusero velocemente in tutto il continente ma il loro momento di gloria non durò più di un secolo. Alla fine del diciottesimo secolo, con il diffondersi della prima rivoluzione industriale ed un forte boom demografico, il mercato del lavoro mutò radicalmente e la domanda di lavoratori fu soddisfatta. Il lavoro in questi istituti acquisì così solamente un carattere afflittivo e disciplinante senza alcuna valorizzazione economica.

Riuscirono a sopravvivere solamente le workhouses sostenute da sussidi governativi.

Si ritornò alle precedenti forme carcerarie caratterizzate da regimi severi e da una disciplina molto dura per nulla rieducativa, stimolando negli studi di vari intellettuali la consapevolezza che era necessaria una riforma del sistema penitenziario.