Sereni per il pericolo scampato. È questo l’umore prevalente dei vertici dell’Associazione nazionale magistrati all’indomani della decisione di mandare per il momento in soffitta la riforma della giustizia voluta dal Guadasigilli Alfonso Bonafede. Per ironia della sorte, il “salvatore” delle toghe è Matteo Salvini, il politico che nell’ultimo periodo ha più di tutti polemizzato con i magistrati, non condividendone, spesso, alcune decisioni prese in materia di migranti e diritti civili. Nonostante a via Arernula sieda un ministro sulla carta tutt’altro che ostile, la riforma presentava agli occhi dei magistrati molti punti assai discutibili. Primo fra tutti il sorteggio per l’elezione dei componenti togati del Consiglio superiore della magistratura. Su questo aspetto le correnti della magistratura che, normalmente, non tirano indietro la gamba se devono fare qualche sgambetto al collega - vedasi la vicenda Palamara e la battaglia che si sta consumando per la nomina del procuratore di Roma - hanno immediatamente fatto quadrato, ricompattandosi.

Scorrendo le agenzie degli ultimi mesi, infatti, non esiste alcuna dichiarazione di qualsiasi esponente dell’Anm che abbia espresso apprezzamento per il sorteggio, anche temperato, come nell’ultima versione proposta da Bonafede.

«Non era neppure ipotizzabile affidare alla dea bendata la scelta dei membri del nostro organo di autogoverno», dichiara al Dubbio un componente dell’attuale Comitato direttivo centrale che preferisce restare anonimo. «Noi magistrati prosegue - non siamo tutti uguali, dobbiamo finirla con questa ipocrisia. Non si possono mandare a Roma colleghi che non abbiano un minimo di capacità ” politica”: gestire la carriera di un magistrato non è la stessa cosa che scrivere una sentenza. Non è sufficiente essere dei bravi giuristi per far parte del Csm», puntualizza il rappresentante dell’Anm. E poi i tempi del processo. In particolare modo quelli relativi alle indagini preliminari. E le sanzioni per i ritardatari.

Su questo aspetto la “lobby” dei pm, molto forte nell’Anm, ha fatto sentire fin da subito la sua voce.

Cosa succederà ora nessuno è in grado di dirlo.

Modificare il Csm, va comunque detto, è un sogno irrealizzabile per qualsiasi governo. Anche Renzi quando provò solamente a toccare la composizione della sezione disciplinare, prevedendo una netta separazione con chi effettuava le nomine, fini impallinato.