Nel pieno di un dibattito a Carini sul carcere, tema a lui caro, il ministro Andrea Orlando non ha mancato di ribadire il suo punto di vista sul referendum e sull’ipotesi spacchettamento: «Mi pare di difficile percorribilità, comunque io non sono contrario a qualunque ipotesi consenta di parlare del merito e non invece di usare il referendum come un modo per confrontarsi su altro». Il guardasigilli guarda con comprensibile preoccupazione all’esito del voto di ottobre e soprattutto all’idea che da una vittoria del “no” possano derivare conseguenze per il governo. Le dimissioni di Renzi e il passaggio a una fase molto confusa coinciderebbero anche con il naufragio di parti importanti della riforma della giustizia. Si può dire anzi che la fine anticipata dell’esecutivo - e, ancor di più, della legislatura - rappresenterebbe una specie di disastro per il sistema giustizia. Resterebbero incompiuti architravi di revisioni ordinamentali e normative, con la conseguenza di rendere inefficaci parecchie delle misure già adottate da quando Orlando si è insediato a via Arenula.L’elenco delle riforme a rischio è lungo da far venire le vertigini. Sempre nel convegno di ieri a Carini il ministro della Giustizia ha accennato alle due forse più importanti: la riforma del processo penale, che contiene al suo interno prescrizione e intercettazioni, e quella sul civile che completa le misure introdotte per decreto nel 2014. Riguardo alla prima Orlando ha auspicato che «in questi giorni si possa andare verso un’approvazione in commissione al Senato». Sulla riforma del processo civile confida che «si possa approvare con molti meno problemi: l’intervento è per sua natura assai meno divisivo tra le forze politiche». Tutto vero. Ma se viene giù la legislatura ci sarà ben poco da fare. Da notare che la riforma civile dà compiutezza ad alcune novità anticipate appunto nel settembre di due anni addietro e che il ddl penale è una specie di snodo vitale per tutto il sistema: oltre a quella sulle intercettazioni, contiene anche l’importante delega sulla riforma dell’ordinamento penitenziario. Passaggio, quest’ultimo, previsto all’articolo 31 del testo, dove è già definito in modo dettagliato. Ci sono gran parte delle questioni sollevate nel corso degli Stati generali dell’esecuzione penale, a cominciare dal rafforzamento delle misure alternative e del lavoro negli istituti. Temi che ovviamente il guardasigilli è tornato ad affrontare anche ieri a Carini. Dove ha ricordato che, se «siamo riusciti a contenere un processo di sovraffollamento che aveva portato a condizioni inumane», ora si deve riuscire a «garantire effettivamente un percorso di riabilitazione, di riscatto dei detenuti» e che «su questo abbiamo ancora moltissimo da fare». Appunto.Il ministro della Giustizia non ha mancato di notare come l’occasione di una vera svolta sul carcere sia data anche dalla posizione della Chiesa «che con maggiore determinazione nel corso di questo pontificato si è posta questo tema e ha aiutato tutti noi a fare dei passi avanti». Riconoscimento importante del guardasigilli a quello che è forse il suo principale alleato, papa Francesco. Ma siamo sempre lì: una fine anticipata della legislatura, o comunque del mandato di Orlando, lascerebbe anche in questo campo l’opera a metà.Ci sono ancora altri fronti aperti. La riforma del diritto fallimentare, quella del codice antimafia (che pure è al Senato e che per riprendere la marcia dovrà attendere il definitivo decollo del testo sul penale), la legge che ridefinisce i delitti delle agromafie e in particolare quelli relativi al caporalato. Ultima, ma non in ordine di importanza, c’è la riforma del Csm. Materia su cui è in corso un serrato confronto tra il ministro e le correnti dell’Anm, e che è uno snodo essenziale per rimettere in equilibrio i rapporti tra politica e magistratura. Con il sindacato delle toghe, da quando ne è presidente Piercamillo Davigo, il guardasigilli ha un rapporto controverso: di forte dissenso su certi giudizi tranchant dell’ex pm, ma anche di collaborazione. Sabato il direttivo dell’Anm farà il punto sul lavoro delle proprie commissioni, che sono preposte a seguire il processo riformatore. E che sono a loro volta sospese all’armageddon referendario.