E' arrivata la solidarità di mezza poltiica, almeno di quella che conta: da Zingaretti a Renzi a Forza Italia. Ed è arrivata anche la telefonta del ministro della giustizia Alfonso Bonafede. Ma tutto questo a Massimo Giletti sembra non bastare. La vicenda è nota: il nome del giornalista de La7 sarebbe stato tirato fuori dal mafioso Giuseppe Graviano nel corso della sua ora d'aria: Quelluomo di Giletti e quel di Di Matteo stanno scassando la minchiaUno sfogo allarmante che, giustamente, ha preoccuopato Giulietti e per il quale ha appunto ricevuto solidarietà e vicinanza dalla politica. Ma a Giletti non basta: «Chi fa il mio lavoro mette in conto che ci possano essere delle situazioni pericolose, ma in quelle frasi cè un passaggio pesantissimo perchè Graviano dice il ministro fa il suo lavoro e ad oggi non ho visto una presa di distanza netta di Bonafede: se io fossi ministro della Giustizia e un boss mafioso dicesse di me una cosa del genere, dopo due minuti direi prenderei le distanze». Nel programma di Luca Telese, Giletti ha ribadito che a suo giudizio il ministro della Giustizia avrebbe dovuto dire: «Io non ho bisogno dei complimenti di un super boss», perchè «essere silenti su una cosa delgenere credo sia molto grave». Giletti ha poi ricordato una vecchia intervista in cui la moglie di Riina diceva allintervistatore che alla fine si sarebbe capito che il peggio non è la Mafia. «Temo che sia così, che la moglie di Riina avesse ragione, temo - ha scandito Giletti - che continui a esserci profonda trattativa tra lo Stato e la Mafia». Insomma, Giletti sembra voler insnuare ancora una volta una "trattativa" tra chi rappresenta lo Stato e Cosa nostra. Del resto l'accusa rivolta a Bonafede da parte di Nino Di Matteo nei gorni caldi delle scarcerazioni dovute al covid, fu proprio quella di una sorta di cedimento da parte del guardasigilli ai "ricatti" dei boss.