Le vicende della cooperativa “29 giugno, travolta da Mafia capitale, continuano a farsi sentire, soprattutto sui lavoratori. La “Cooperativa 29 giugno” era nata per far lavorare gli ex detenuti e quindi funzionale al reinserimento lavorativo, poi è arrivato il commissariamento e i contratti sono stati interrotti. Uno di questi, quello relativo alla raccolta differenziata dei rifiuti per le utenze non domestiche, è stato affidato alla Avr, la nuova azienda appaltatrice, con l’obbligo di attenersi alla clausola sociale. Ed è a questo punto che spunta fuori l’ipotesi dell’esclusione di alcuni lavoratori a causa del loro percorso giudiziario, nonostante l’obbligo di assunzione inserita nel bando pubblico. A denunciarlo è uno dei due operai esclusi dall’assorbimento di lavoratori nel servizio di raccolta differenziata dei rifiuti da parte dell’Avr. Si tratta di Michelangelo Misso che fin dal 2013 ha sempre lavorato onestamente, concentrato tutti i suoi sforzi per osservare «modalità di vita rispettose delle regole, con umiltà e spirito di sacrificio» come dice la stessa ordinanza della magistratura di sorveglianza che gli aveva revocato la misura di sicurezza dopo che aveva scontato una condanna al 416 bis. Ha lavorato, e lavora, quindi, con spirito di sacrificio nella cooperata romana 29 giugno, settore smaltimento rifiuti, che si trova in difficoltà a causa dei ritardi del pagamento della fatture da parte dell’Ama.

L’interruzione del contratto con la “Cooperativa 29 giugno” per la utenze non domestiche, a cui erano affidati oltre 174 servizi di utenze non domestiche con due operatori e un mezzo ciascuno, ha contribuito ad aumentare i rifiuti per le strade di Roma, per questo l’Ama ha intensificato gli sforzi per rendere operativa subito l’Avr, la nuova azienda appaltatrice con l’obbligo di attenersi alla clausola sociale. Quest’ultima serve per tutelare i la- nei cambi di appalto, per questo motivo le parti sociali hanno previsto una procedura da seguire da parte di entrambe le aziende ed il mantenimento in servizio, ove possibile, dei lavoratori precedentemente impiegati. Parliamo, nello specifico, dell’articolo 50 inserito nei bandi di gara, nel rispetto dei principi dell’Unione europea, volta a promuovere la stabilità occupazionale del personale impiegato.

Detto, fatto. L’Avr ha ricevuto la lista di una settantina di operai che operavano nei lotti ora sotto la loro gestione. Tutti riassorbiti, ad eccezione di Michelangelo Misso e Ciro Calone. Entrambi con un passato al 416 bis. Misso denuncia, quindi, di sentirsi discriminato a causa del suo passato, nonostante la sua accertata riabilitazione. Ed è lui a denunciare a Il Dubbio la sua vicenda. «Ero parte integrante della Cooperativa che aveva l’appalto per la raccolta differenziata – spiega Misso -; nel contratto del Bando pubblico è specificato che tutti gli operatori, i quali erano in servizio per quello specifico settore, avrebbero dovuto essere assorbiti dalla nuova società subentrante. A questo proposito, la società subentrante ha recuperato i certificati del casellario e poi ha riferito ai sindacati che non avrebbero potuto assumere i condannati per reati di associazione a delinquere, perché avrebbero potuto avere l’interdittiva antimafia». Il Dubbio ha contattato il referente della Cgil Lazio che si occupa del passaggio dei lavoratori da un appalto all’altro. «Stiamo tutelando tutti i lavoratori - assicura il sindacalista - che fanno parte del reinserimento sociale, ovviamente ci sono delle problematiche legate ad alcune leggi che permettono alle aziende di andarci cauti su alcune assunzioni». Nel caso di Misso, il sindacalista aggiunge che l’Avr ha richiesto un nulla osta dal prefetto per essere tranquilli onde evitare problemi con l’interdittiva antimafia. Misso però obietta: «Io sono operaio, non un dirigente e l’interdittiva antimafia con la mia posizione non c’entra. Peraltro aggiungo che io sono stato usato come esempio di riscatto, di rescissa contiguità con la criminalità organizzata». Misso si riferisce all’inchiesta Mafia capitale nella quale la Procura di Roma aveva passato al setaccio tutti i dipendenti della cooperativa di Buzzi, per vedere se c’era qualche persona coinvolta ed era emerso l’esempio virtuoso dell’ex detenuto, simbolo di riscatto dalla criminalità organizzata di appartenenza. Ad onor dei fatti, nel caso di Misso il rischio interdittiva per la società che ha vinto l’appalto per i rifiuti è, di fatto, impossibile. Una recentissima sentenza del Consiglio di Stato ( n. 3138/ 2018) ha revocato l’interdittiva emessa dal prefetto contro l’impresa, a cui era stata applicata solo perché aveva dipendenti in odore di mafia. Nel caso di Michelangelo Misso non esiste nemmeno “l’odore di mafia”, visto che il magistrato di sorveglianza – sotto indicazione della Direzione distrettuale antimafia – ha scritto nero su bianco che lui non è più legato al clan di appartenenza, ha riconosciuto di aver “concentrato tutti i suoi sforzi per osservare modalità di vita rispettose' e ' nonostante la condizione di grave indigenza' di non aver ' fatto ricorso al reato per procacciare il sostentamento per sé e la sua famiglia”. Misso ha dichiarato che farà ricorso e ha chiesto sostegno all’esponente del Partito Radicale Rita Bernardini, che più volte, ha sempre denunciato le enormi difficoltà di chi ha scontato una pena con annesso 416 bis e abbia l’intenzione di cambiare strada comportandosi onestamente. «Non può partecipare per legge a pubblici concorsi – denuncia Rita Bernardini - né non intraprendere un’attività e non può nemmeno essere assunto in un’impresa perché quest’ultima se ne guarderebbe bene rischianvoratori do di essere raggiunta da interdittiva antimafia». Della vicenda si è anche interessato il garante regionale di detenuti Stefano Anastasìa, recapitando una lettera alle sede legale dell’Avr segnalando «il profilo discriminatorio che in essa potrebbe rilevarsi qualora dovesse emergere che la violazione della citata clausola sociale contenuta nel Bando di gara fosse motivata dal percorso giudiziario del signor Misso, rispetto al quale, invece l’impiego lavorativo di cui trattatasi è stato fondamentale per garantire la previsione dell’articolo 27 della Costituzione in materia di reinserimento sociale dei condannati». Il Garante del Lazio prosegue esortando l’azienda a valutare «con la massima attenzione la possibilità che il signor Misso, in adempimento a quanto previsto dalle disposizioni normative, venga riassorbito nell’organico di codesta azienda».

Il Dubbio ha contattato il responsabile dell’Avr Generoso Perna, il quale ha specificato che non c’è nessuna discriminazione nei confronti dell’operaio. «Il bando di gara – spiega Perna - detta le regole del procedimento di contrattazione. Nel bando era previsto l’obbligo di assumere i dipendenti dell’azienda che aveva vinto l’appalto con la gara: Michelangelo Misso non è stato assorbito nell’azienda perché è ancora assunto presso la Cooperativa e non aveva fatto la cessazione lavorativa». Diverse sono le spiegazioni, ma che non aiutano a dipanare la vera questione per il quale Misso è rimasto escluso dall’assorbimento lavorativo presso l’azienda appaltatrice.