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Camera Deputati Draghi dimissioni
«Abbiamo approvato il testo del nuovo articolo 4 bis dell’ordinamento penitenziario, sono soddisfatto, è un ottimo lavoro». Così il presidente della commissione Giustizia Mario Perantoni dà notizia di un passo avanti un po’ in controtendenza, rispetto alle difficoltà in cui si è di nuovo avvitata la riforma del Csm.
Ieri in effetti i deputati hanno completato l’esame degli emendamenti al testo sull’ergastolo ostativo: in particolare hanno dato via libera alla riformulazione di una norma, condivisa da Pd, Lega ma anche dall’opposizione di Fratelli d’Italia, che attribuisce al Tribunale di sorveglianza in sede collegiale, e non più al giudice di sorveglianza monocratico, la competenza sulla liberazione condizionale, e sui permessi premio, per i detenuti “ostativi”, appunto, di mafia e terrorismo. Si trattava dell’ultima modifica in sospeso, nella disciplina che, almeno formalmente, regola l’accesso ai benefici anche per i condannati in regime di 4 bis che non collaborano con i pm.
Perantoni, deputato M5S, è il relatore, e la commissione dovrebbe dargli domani il mandato per l’Aula. Dal punto di vista pentastellato, la soluzione costruita negli ultimi giorni è un successo. È stato sì eliminato, su richiesta di via Arenula, l’inciso “con assoluta certezza” inizialmente previsto per irrigidire la prova che il recluso deve fornire al giudice. Ma appunto, l’inversione dell’onere resta, mentre scompare l’istituto della “collaborazione inesigibile”.
L’interlocuzione col governo ha almeno introdotto una maggiore libertà, per il Tribunale, di decidere anche in contrasto con i caveat delle Procure antimafia, ma il testo pare forzare in più punti il perimetro indicato dal giudice delle leggi con l’ordinanza 97/ 2021. «Nel rispetto dei principi costituzionali e della sentenza della Consulta, il testo ribadisce che la lotta alla mafia è una priorità che non può far abbassare la guardia dello Stato», dice Perantoni, «con la norma approvata potranno godere dei benefici penitenziari solo quei mafiosi che abbiano realmente provato di aver interrotto qualsiasi contatto con il sodalizio criminale e, dunque, di non rappresentare più alcun pericolo per la società». Prove che sarà persino surreale chiedere a chi è murato vivo da 30 anni in un carcere e, quasi sempre, al 41 bis. (e. n.)