PHOTO
Giovedì prossimo, il 13 giugno, la Corte europea dei diritti umani (Cedu) potrebbe mettere in discussione, per la prima volta dalla sua istituzione, l’ergastolo ostativo in quanto tale, condannando o meno l’Italia. Parliamo del ricorso pendente alla Corte di Strasburgo che riguarda il caso Viola, un detenuto in carcere ininterrottamente dal 1992. Condannato dapprima a 12 anni di reclusione per associazione a delinquere di stampo mafioso, aggravata dalla qualità di promotore e organizzatore, in un secondo processo egli è stato condannato alla pena dell’ergastolo, poiché gli sono stati attribuiti anche reati di omicidio, con il riconoscimento delle aggravanti mafiose.
La pena perpetua è divenuta definitiva nel 2004. Viola, ricordiamo, si è sempre proclamato innocente e anche per questo, ma non solo, non ha mai scelto di collaborare, unica condizione per mettere fine alla pena perpetua che è, appunto, l’ergastolo ostativo. Nel 2011 e nel 2013 ha presentato domanda di permesso premio, ottenendo sempre una risposta negativa.
Nel marzo 2015, Viola chiede la liberazione condizionale al Tribunale di sorveglianza, confermando la professione di innocenza, la quale, a suo giudizio, impedisce la utile collaborazione con la giustizia, chiedendo una pronuncia incidentale di inesigibilità della medesima. Nell’istanza, il detenuto chiede al Tribunale di sorveglianza di sollevare questione di costituzionalità del 4 bis per contrasto con la funzione rieducativa della pena (art. 27 della Costituzione) e per violazione dell’art. 3 della Convenzione europea.
Il Tribunale di sorveglianza dichiara inammissibile e infondata la questione di costituzionalità e respinge l’istanza, ritenendo che la professione di innocenza non abbia rilievo nella fase esecutiva. Si va in Cassazione, che nel 2016 rigetta il ricorso: a quel punto Viola si rivolge alla Cedu. I giudici europei hanno dichiarato ammissibile il suo e nello specifico scrivono chiaro e tondo che ritengono meritevole la compatibilità del regime penitenziario previsto in caso di ergastolo “ostativo” con l’obiettivo di riabilitazione e di inserimento dei detenuti e con il rispetto degli obblighi positivi da parte dello Stato di garantire ai detenuti sottoposti a questo regime la possibilità di lavoro e di reinserimento richiesti dagli articoli 3 e 8 della Convenzione ( diritto al rispetto della vita privata e familiare). Il ricorrente, ricordiamo, è assistito dal collegio di difesa composto dall’avvocata Antonella Mascia, del foro di Verona e Strasburgo e dagli avvocati professori Valerio Onida e Barbara Randazzo di Milano.
Come è ben spiegato tramite un testo reso da un gruppo di professori dal calibro di Davide Galliani, Andrea Pugiotto, Gluaco Giostra, Vittorio Manes, Emilio Santoro, Sergio D’Elia di Nessuno tocchi Caino, Patrizio Gonnella di Antigone, il garante nazionale dei detenuti Mauro Palma, garanti regionali come Stefano Anastasia e Franco Corleone, tutti in qualità di amici curiae ( il soggetto che, per diretto incarico della Corte o per propria iniziativa, accolta dalla Corte stessa, le si affianca come “amico” per collaborare con essa) autorizzato dalla Corte nel procedimento Viola contro l’Italia, c’è l’ articolo 3 della convenzione che solleva un triplice problema dell’ergastolo ostativo: non è degradante costringere delle persone – a pena di concludere i propri giorni di vita in un carcere, senza alcuna altra possibilità – a scelte che possono mettere a repentaglio la vita e l’incolumità propria, dei familiari, dei conoscenti o di qualsiasi altra inconsapevole persona? Non è inumano strumentalizzare il reo per il raggiungimento di fini pur meritevoli di protezione, dal momento che il rispetto della dignità umana impedisce di degradare l’uomo da fine a mezzo? Non è inumano e degradante l’assioma a fondamento dell’ergastolo ostativo, vale a dire l’automatismo legislativo in base al quale la persona non collaborante è socialmente pericolosa e quindi non meritevole di alcuna misura alternativa alla detenzione, a nulla rilevando ogni altra valutazione riguardante il come è trascorso il tempo in carcere e i progressi trattamentali attestati dalle relazioni delle autorità penitenziarie? Giovedì prossimo, la Cedu sarà chiamata a rispondere e ciò potrebbe anche condizionare la scelta della nostra Corte costituzionale in merito alla decisione che dovrà prendere il 22 ottobre, proprio sulla questione del 4 bis, che vieta i benefici della pena per l’ergastolano ostativo.