Nella mattinata di Palazzo Madama il ministro della Giustizia parla di inutili «schermaglie» sull’applicazione di un diritto penale comune nell’Ue. Ma una schermaglia è pure quella che va in scena tra lui e i senatori. Un anticipo di quanto avverrà a breve con la riforma del processo che comprende prescrizione e intercettazioni. Ora che il ddl più tormentato, per Orlando, sembra riavvicinarsi all’esame del Senato, certi segnali del dibattito sulle comunicazioni del guardasigilli vanno letti anche in vista di quell’ultima sfida. E il segnale dell’aula è ambivalente. Perché se da una parte un osso duro come Felice Casson ( che è nello steso tempo alfiere della minoranza dem e relatore del provvedimento) confida «nella capacità del governo di imporre la propria linea», dall’altra il ministro registra la definitiva perdita alla causa del gruppo di Ala. L’intervento del plenipotenziario di Verdini sulla giustizia, Ciro Falanga, è tra i più severi: per l’avvocato di Torre Annunziata «le norme non vanno solo scritte, bisogna anche verificarne l’attuazione», E diffonde giudizi apocalittici su carceri e processo telematico: «Ma lei sa cosa succede davvero nei tribunali?», è il passaggio più accorato dell’arringa.

Nel bilancio complessivo non è detto che i numeri tornino: l’ala giustizialista del Pd potrebbe anche essere trascinata da Casson verso il sì alla riforma, ma è sul fronte centrista che si addensano le incognite. L’ex pm di Venezia peraltro si pronuncia con toni liquidatori sul decreto Cassazione ( «una marchetta», addirittura) che però non possono competere con il cinquestelle Mario Giarrusso, il quale nel suo crescendo arriva ad accusare il governo di «tendere al garantismo per lasciare fuori dal carcere amici con cui avete compiuto delitti anche gravi». Una clamorosa quanto indefinita accusa. Carlo Giovanardi polemizza sulle unioni civili e il forzista Lucio Malan è l’unico a lamentarsi per l’assenza di dati sulla responsabilità civile dei giudici. Ma se dal Pd arrivano diversi riconoscimenti all’operato di Orlando, a cominciare da quello della presidente della commissione Giustizia della Camera Donatella Ferranti, una posizione netta sulla riforma del processo è quella dell’Unione Camere penali. Da una parte l’apprezzamento per i richiami di Orlando alla «deriva populista», dall’altra la richiesta di stralcio della delega sul carcere: è una parte «condivisa», dicono i penalisti, che «consentirebbe di migliorare» la situazione, anche se non di «risolverla integralmente». Le condizioni delle carceri, secondo l’Ucpi, «stanno tornando a essere drammatiche» e per questo meriterebbero «un provvedimento di clemenza come l’amnistia e l’indulto». Ma Orlando, ormai è chiaro, punterà al risultato pieno: lasciare le norme sull’esecuzione penale dentro i ddl.