Si tratta di due proposte affini, anche se non perfettamente coincidenti. Da anni il Consiglio nazionale forense propone di rendere detraibili le spese legali, con una specifica rafforzata tutela nel campo penale, in nome della effettività del diritto di difesa. Ora il responsabile Giustizia di Forza Italia Enrico Costa compie un passo importante, che accoglie almeno in parte la prospettiva indicata dall’avvocatura istituzionale. Con una proposta di legge presentata a Montecitorio, il deputato azzurro chiede infatti di delegare il governo a introdurre anche in campo penale il principio della soccombenza previsto nel processo civile. Secondo la logica per cui se è la pretesa punitiva dello Stato a soccombere davanti al giudice, lo Stato stesso deve ristorare l’innocente delle spese legali sostenute.

Principio a prima vista incontestabile eppure non ancora tradotto in legge. «Ci aveva provato Gabriele Albertini nella precedente legislatura», spiega Costa al Dubbio, «adesso ho recuperato lo spirito di quella proposta e siamo riusciti ad abbinarne il testo al ddl sul patrocinio a spese dello Stato in commissione Giustizia». Il provvedimento che tutela la difesa dei non abbienti è fortemente voluto dal guardasigilli Bonafede. Si tratta di un dossier accompagnato dal pieno sostegno della maggioranza, e ha tutta l’aria di essere perciò il treno giusto a cui agganciare una proposta come quella di Costa, di grande rilievo ma pur sempre proveniente da una forza di opposizione.

Di fatto la partita potrebbe riservare ulteriori sorprese. Perché in origine l’articolato messo a punto dal parlamentare azzurro proponeva una modifica di natura fiscale: rendere detraibili fino a 10.500 euro le spese legali sostenute nel processo penale da chi è dichiarato innocente, in modo che chi soffre la «pena» di un’ingiusta «pretesa punitiva» esercitata dallo Stato possa vedersi almeno in parte sollevato, se non dai patimenti, quanto meno dai costi. A dare più di una chances all’idea dell’ex viceministro è proprio la sensibilità dimostrata dalla maggioranza in tema di equità sociale, anche nell’ambito della giustizia, con la legge sul patrocinio a spese dello Stato. E, come detto, è il Cnf ad avanzare già da alcuni anni un propria proposta in materia di detraibilità delle spese legali. Nell’ipotesi di emendamento alla legge di Bilancio 2018 veicolata dall’avvocatura, infatti, si prevedeva la detraibilità al 19 per cento delle «spese legali sostenute in un procedimento giudiziale ovvero per l’assistenza stragiudiziale, certificate dalla fattura del difensore». Si tratterebbe, si legge nella motivazione che accompagna la proposta del Cnf, della risposta a una «esigenza di equità e di giustizia reale e concreta». Il diritto di difesa, si ricorda, è infatti «garantito a livello costituzionale dall’articolo 24, al pari del diritto alla salute, e ricomprende necessariamente l’assistenza tecnica e professionale prestata dall’Avvocato». In campo penale la detraibilità sarebbe integrale giacché, ricorda il Cnf, in quell’ambito «l’attività difensiva ha un costo che ricade sempre sull’indagato e/ o imputato, sebbene l’assistenza tecnica sia obbligatoria e non gratuita, salvo l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato». Costa si richiama al principio del diritto di difesa ma segue una specifica linea di ragionamento: «Nel processo penale», si legge nella relazione della sua proposta, «al contrario di quanto avviene nel processo civile e in quello amministrativo, il pagamento delle spese legali non segue la regola della soccombenza. Dunque, anche in caso di proscioglimento o assoluzione con le formule ampiamente liberatorie ( perché il fatto non sussiste, perché l’imputato non ha commesso il fatto, perché il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato) le spese legali restano a carico dell’imputato. A nulla vale», fa notare Costa, «che questi sia riuscito a dimostrare la propria assoluta estraneità». In ogni caso Costa converge testualmente sulla proposta dell’avvocatura istituzionale quando prevede la fattura del difensore e la causale come giustificativo. Integra la documentazione richiesta con un «parere di congruità del competente Consiglio dell’Ordine degli avvocati». Si tratterebbe di un sollievo per chi è sottoposto a un’ingiusta accusa, che risponderebbe almeno in parte alla necessità di assicurare in modo sempre più pieno il diritto di difesa, e che forse potrebbe trovare uno scenario politico più attento, rispetto al passato, a un simile principio.