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Il sistema carcerario italiano si trova di fronte a una grave emergenza, evidenziata non solo dal sovraffollamento, ma anche dall'incremento recente dei suicidi tra i detenuti. Sotto l'ombra lugubre delle mura di cemento, un’altra tragedia si è consumata nel sistema penitenziario italiano: un uomo sessantaseienne, in attesa di giudizio per tentato femminicidio, ha trovato la sua fine per impiccagione nella sua cella del carcere di Imperia. Siamo quindi alla tredicesima vita che si auto-annichilisce nel mese di gennaio, un dato che pone l'Italia di fronte a una crisi carceraria senza precedenti.
Il Segretario Generale della Uilpa Polizia Penitenziaria, Gennarino De Fazio, denuncia il silenzio assordante del ministro della Giustizia, che sembra ignorare il dramma dietro le sbarre. Nordio, durante le celebrazioni dell'inaugurazione dell’anno giudiziario, ha paragonato i suicidi in carcere a una ferita, una malattia da accettare. Tuttavia, De Fazio respinge questa visione, sottolineando che le malattie si curano, e le ferite si rimarginano solo se viene somministrata la terapia adeguata. La situazione attuale, secondo De Fazio, richiede una risposta immediata e decisa da parte del governo. Il ministro della Giustizia e il governo devono smetterla di ignorare la crisi e adottare misure concrete. La Uilpa Polizia Penitenziaria propone un decreto carceri urgente per consentire assunzioni straordinarie, con procedure accelerate, al fine di colmare il vuoto di 18mila unità nella Polizia penitenziaria.
De Fazio continua sottolineando la necessità di un deflazionamento della densità detentiva attraverso una gestione esclusivamente sanitaria dei detenuti malati di mente e percorsi alternativi per i tossicodipendenti. Questo approccio mira a ridurre la violenza, le aggressioni e le privazioni, creando un ambiente più favorevole al recupero e alla rieducazione. Parallelamente, la Uilpa Polizia Penitenziaria propone l'implementazione di una legge delega per la riforma complessiva del sistema d’esecuzione penale. Questa dovrebbe includere la riorganizzazione del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria e del Dipartimento per la Giustizia Minorile e di Comunità, nonché la ristrutturazione del Corpo di polizia penitenziaria. Questo passo è cruciale per affrontare il sovraffollamento carcerario e garantire una gestione più sicura e umana delle strutture.
Un sinistro trend
Per comprendere l’allarmante escalation dei suicidi, è interessante osservare la tabella aggiornata dalla redazione di Ristretti Orizzonti. I dati mostrano i 13 suicidi dietro le sbarre. Di questi, 12 sono avvenuti per impiccamento e uno per sciopero della fame. La distribuzione geografica dei suicidi è abbastanza uniforme, con un massimo di tre detenuti che si sono tolti la vita nel solo carcere di Poggioreale, in Campania. La tabella mostra anche che i suicidi in carcere sono un problema che riguarda tutte le fasce di età, dai 23 ai 66 anni, con quelli più frequenti sotto i 39 anni.
La tredicesima persona che si è tolta la vita nel solo mese di gennaio segue un sinistro trend che sembra peggiorare rispetto agli anni precedenti. Il carcere di Montorio è tornato al centro della cronaca per l'ennesimo suicidio, con tre giovani che hanno compiuto il gesto estremo tra novembre e dicembre scorsi. “Sbarre di Zucchero”, l'associazione che ha diffuso la notizia del dramma nel carcere veronese, critica aspramente il lavoro dell'Esecutivo e le dichiarazioni del ministro Nordio, categorizzando i suicidi dietro le sbarre come una malattia incurabile da accettare. “Sbarre di Zucchero” ribadisce con forza che non è più tollerabile che le persone sotto la custodia dello Stato si tolgano la vita con questa drammatica frequenza, come ha evidenziato durante il presidio organizzato domenica scorsa (28 gennaio), di fronte ai cancelli del carcere di Verona.
La situazione è allarmante, e senza interventi urgenti, tutto può sfuggire di mano. Nel 2022 ci sono stati 84 suicidi, nel 2023 69, e il trend preoccupante continua nel 2024. Rita Bernardini e il deputato di Italia Viva Roberto Giachetti, da giorni hanno iniziato uno sciopero della fame, il Grande Satyagraha, promosso da “Nessuno tocchi Caino”, chiamando al dialogo con le autorità, in particolare il ministro della giustizia Nordio, affinché prendano in esame misure deflattive. La crisi dei suicidi nelle carceri italiane, insieme al grave sovraffollamento, richiede azioni immediate e mirate. Governo e Parlamento devono affrontare la situazione con urgenza, considerando le proposte dei sindacati di polizia penitenziaria e delle associazioni radicali come punti di partenza per un cambiamento radicale nel sistema carcerario.
Numeri allarmanti e inerzia del Governo
Riguardo ai suicidi, i dati dell'Oms del 2019 evidenziano una discrepanza significativa tra il tasso di suicidi nella popolazione generale e quello nelle carceri italiane. Mentre in Italia il tasso era di 0,67 casi ogni 10.000 persone, in carcere era di 8,7 ogni 10.000 detenuti, suggerendo gravi problemi nel sistema penitenziario. Mettendo in rapporto i due tassi, vediamo quindi come in carcere i casi di suicidi siano oltre 13 volte in più rispetto alla popolazione libera. Per questo motivo, tra le proposte di riforma del regolamento penitenziario presentate, l’associazione “Antigone” sostiene la necessità di dedicare maggiore attenzione ad alcuni aspetti della vita penitenziaria, affinché il rischio suicidario possa essere controllato e ridimensionato. A tal fine, il regolamento dovrebbe prevedere innanzitutto una maggiore apertura nei rapporti con l’esterno, tramite la possibilità di svolgere più colloqui e soprattutto più telefonate in qualsiasi momento.
Grande attenzione va posta al momento dell’ingresso e dell’uscita dal carcere, entrambe fasi particolarmente delicate e durante le quali avvengono numerosi casi di suicidi. L’introduzione alla vita dell’istituto deve avvenire in maniera lenta e graduale, affinché la persona abbia la possibilità di ambientarsi. Maggiore attenzione andrebbe prevista anche per la fase di preparazione al rilascio a fine pena, facendo in modo che la persona venga accompagnata al rientro in società. Oltre alle fasi iniziali e conclusive dei periodi di detenzione, particolare attenzione andrebbe dedicata a tutti quei momenti della vita penitenziaria in cui le persone detenute e internate si trovano separate dal resto della popolazione detenuta perché in isolamento o sottoposte a un regime più rigido e con meno contatti con altre persone. Ma tutto ciò deve essere accompagnato da misure deflattive.
Lo scorso collegio del Garante Nazionale, ricordiamo, ha pubblicato uno studio dove è emerso un aumento costante della popolazione carceraria negli ultimi tre anni, con un incremento totale di oltre 8.000 persone (8.031), corrispondente al 13,31%. Contemporaneamente all'aumento della popolazione detenuta, si è registrata una diminuzione dei posti effettivamente disponibili: si è passati infatti dai 3.371 del 2020, ai 3.905 posti in meno nel 2024. Il risultato di questa combinazione è un drammatico aumento dell'indice di affollamento, passato dal 113,18% nel 2020 al 127,48% attuale.
Numeri che potrebbero indicare la necessità di rivedere la concezione della pena. La destra, in particolare Fratelli d'Italia, sembra non credere nelle misure alternative al carcere. Anche gran parte dell’opposizione, con la componente grillina che ha sempre esaltato le manette, rimane sostanzialmente in silenzio. In ultima analisi, il principio di legalità, caro alla destra, di fatto è messo in discussione dalle attuali condizioni delle carceri italiane.