La legge 13 maggio 1978 n. 180 in materia di 'Accertamenti e trattamenti sanitari volontari e obbligatori', meglio conosciuta come “legge Basaglia”, ha rappresentato una svolta per il nostro Paese. Parole come manicomi, pazzi e camicie di forza erano il corredo tipico della malattia mentale. Un po’ come avviene adesso con le carceri, delle quali si preferisce non parlare e relegarle mentalmente e fisicamente sempre più lontane da noi, anche in passato i manicomi venivano considerati luoghi da tenere a debita distanza con tutto il loro carico di disperazione e dolore.

Ancora oggi la legge n. 180, presentata in Parlamento da Bruno Orsini, psichiatra e politico democristiano, a distanza di quarantasei anni dalla sua approvazione, viene considerata la fautrice di una vera e propria rivoluzione culturale. La figlia dello psichiatra veneziano, Alberta Basaglia, definì il padre in una intervista rilasciata a Repubblica nel 2014 «una sorta di padre Pio che liberò i matti dalle catene» e un ribelle velleitario che chiuse i manicomi infischiandosene delle conseguenze. Ma dove sta il carattere rivoluzionario dell’impianto normativo ispirato da Franco Basaglia, di cui quest’anno ricorre il centenario della nascita? Il primo elemento ha riguardato la chiusura degli ospedali psichiatrici, che, comunque, suscitò non poche critiche. In molti sostennero che con la scomparsa dei manicomi i pazienti psichiatrici sarebbero stati scaricati sulle loro famiglie con un duplice scombussolamento. Con la legge Basaglia siamo stati il primo Paese al mondo a fare una scelta di coraggio e umanità. In tanti, anche all’estero, riconoscono all'Italia di aver realizzato in maniera decisa – e anche un po’ radicale – un “processo di deistituzionalizzazione”.

Il modello italiano avviato con la legge 180/1978 non ha lasciato indifferente l’Europa. Le più importanti istituzioni comunitarie, il Consiglio d’Europa e la Commissione Europea, raccomandano di ispirarsi alla nostra legislazione, distintasi per il rispetto dei diritti umani e per aver seguito la strada della sostenibilità economica. Regno Unito, Spagna, Portogallo e Grecia hanno ascoltato Bruxelles; nei Paesi dell’Est, invece, il processo di deistituzionalizzazione è ancora fermo al palo o molto lento.

La legge Basaglia è stata inserita all’interno della legge istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale (la n. 833 del dicembre 1978). Le principali caratteristiche vertono sull'eliminazione del concetto di pericolosità, riferito al paziente, per sé e per gli altri con il trattamento sanitario in psichiatria basato sul diritto della persona alla cura e alla salute. La legge 180 tiene conto del rispetto dei diritti umani (con il diritto di comunicare e diritto di voto). In alternativa agli ospedali psichiatrici è stata prevista la costruzione di strutture alternative al manicomio con la previsione di servizi psichiatrici territoriali, asse portante dell’assistenza psichiatrica. Sono stati inoltre istituiti i Servizi psichiatrici di diagnosi e cura (Spdc) negli ospedali generali per il trattamento delle acuzie e il trattamento sanitario di norma volontario, basato sulla prevenzione, sulla cura e sulla riabilitazione.

Altro elemento caratterizzante la “Basaglia” è il Tso (Trattamento sanitario obbligatorio), che consiste in interventi terapeutici urgenti in caso di rifiuto di cure e mancanza di idonee condizioni per il trattamento extra-ospedaliero. È stato pure introdotto il concetto di “correlazione funzionale” tra Spdc o strutture di ricovero e servizi territoriali, sulla scia del principio di continuità terapeutica.

Sulla carta, dunque, la legge Basaglia è stata una conquista importante. Nella pratica assistiamo ancora a una frammentarietà, dovuta alle diverse condizioni in cui versa il sistema sanitario nazionale da Nord a Sud. Inevitabilmente, le Regioni che occupano i primi posti nell’assistenza sanitaria offrono servizi molto accettabili nell’ambito delle patologie psichiatriche. Anche in questo caso maggiori possibilità di investimenti sortiscono effetti positivi sul versante abbracciato dalla “Basaglia”.

Oltre alle risorse, all’applicazione delle leggi e alla sensibilità che possono presentare le istituzioni a più livelli, continua a essere prezioso il lavoro sulla parte concernente lo stigma, che continua a interessare le persone con problemi di salute mentale. I manicomi sono stati chiusi, le distanze tra i pazienti psichiatrici, liberati dalle camicie di forza, si sono ridotte, ma sul versante della malattia mentale è utile superare i sospetti e le paure verso l’altro, verso il diverso. La chiusura dei manicomi può essere una magra consolazione, se il cantiere della diffidenza continua ad alzare muri.

Ecco perché oggi, come ieri, le parole di Franco Basaglia sono ancora attuali: «La follia è una condizione umana. In noi la follia esiste ed è presente come lo è la ragione. Il problema è che la società, per dirsi civile, dovrebbe accettare tanto la ragione quanto la follia, invece incarica una scienza, la psichiatria, di tradurre la follia in malattia allo scopo di eliminarla. Il manicomio ha qui la sua ragion d'essere. Aprire l’istituzione non è aprire una porta, ma la nostra testa di fronte a “questo” malato».