PHOTO
Non è la prima volta che accade nella più completa indifferenza. Due detenuti sono morti nel giro di un mese a seguito dello sciopero della fame. Nessuno ne sapeva nulla di questo loro atto di protesta. Nel silenzio più totale, confinato dentro le mura del carcere di Augusta, nel siracusano, si consumava questa azione senza che fosse comunicata all’esterno. E mentre Alfredo Cospito è riuscito, grazie all’attivismo degli avvocati, a far conoscere al mondo di fuori la sua estrema lotta contro il 41 bis, la notizia dei due detenuti è trapelata solo quando hanno emesso l’ultimo respiro.
Soprattutto per questo motivo, il garante nazionale delle persone private della libertà richiama l’attenzione pubblica sulla necessità della completa informazione che deve fluire dagli Istituti penitenziari all’Amministrazione regionale e centrale affinché le situazioni problematiche possano essere affrontate con l’assoluta attenzione che richiedono. “Mentre molta doverosa attenzione – si legge nel comunicato del Garante - è stata riservata allo sciopero della fame nel caso di una persona detenuta al 41- bis, con interrogativi che hanno anche coinvolto il mondo della cultura e l’opinione pubblica, oltre che le Istituzioni, nella Casa di reclusione di Augusta il silenzio ha circondato il decesso di due persone detenute avvenute a distanza di pochi giorni, ambedue in sciopero della fame rispettivamente una da 60 l’altra da 41 giorni”. Quest’ultimo, ergastolano, protestava perché sin dal 2018 aveva richiesto l’estradizione nel proprio Paese.
Il Garante nazionale sottolinea che non intende assolutamente sollevare problemi relativi all’assistenza che queste persone possono avere avuto nell’Istituto e all’adempimento dei protocolli che sono previsti in simili casi. Intende però richiamare la necessità di quella trasparenza comunicativa che, oltre a essere doverosa per la collettività, può anche aiutare a trovare soluzioni in situazioni difficili perché non si giunga a tali inaccettabili esiti.
Ricordiamo ancora una volta che l’attenzione mediatica nei confronti di Alfredo Cospito, solo miracolosamente riuscito a sopravvivere grazie anche al fatto che aveva in partenza un fisico robusto, si è avuta perché gli avvocati hanno fatto conoscere la situazione. Proprio in quel periodo, Il Dubbio ha ricordato che di sciopero della fame si muore. Ed è già accaduto che qui in Italia siano morti detenuti quasi nella più totale indifferenza. I tre casi più recenti sono quelli di Salvatore “Doddore” Meloni ( 2017), Gabriele Milito ( 2018) e Carmelo Caminiti nel 2020. Quest’ultimo caso è stato riportato da Il Dubbio dopo la segnalazione dall’associazione Yairaiha Onlus. Dopo 60 giorni di sciopero della fame, Carmelo Caminiti è finito in coma e una notte di settembre del 2020 ha esalato l’ultimo respiro. «Nel 2020 non si lascia un uomo a digiuno per 60 giorni incuranti che tali decisioni erano dettati da uno stato di depressione e mala salute», ha affermato con dolore la sorella.
Carmelo Caminiti era un detenuto in attesa di giudizio presso la casa circondariale di Messina. Come ha segnalato l’associazione Yairaiha, viene arrestato dalla procura di Firenze a novembre 2017. A maggio del 2018 gli vengono concessi gli arresti domiciliari per varie patologie ( tra cui diabete, stenosi, canali atrofizzati e altre) per le quali gli è già stata riconosciuta invalidità civile; a novembre del 2018 viene arrestato nuovamente su ordine della procura di Reggio Calabria. L’ 11 marzo 2019 gli arriva un mandato di cattura dalla procura di Brescia con le stesse accuse di Firenze. Viene infine trasferito al carcere di Messina al centro clinico.
Durante l’emergenza Covid 19 gli avvocati presentano istanza in quanto si trattava di un soggetto a rischio. I tribunali di Firenze e Reggio Calabria, vedendo la relazione medica del dirigente sanitario del carcere di Messina riconoscono l’incompatibilità carceraria, ma il gip di Brescia – pur riconoscendo le sue gravi patologie – rigetta l’istanza, non concede gli arresti essendo un “soggetto pericoloso” ai sensi dell’articolo 7, ovvero l’aggravante del metodo mafioso.
A raccontarlo è stato l’avvocato difensore Italo Palmara: «Nello stesso momento in cui il Tribunale di Reggio Calabria e quello di Firenze hanno giudicato in due differenti procedimenti il mio assistito incompatibile col regime carcerario per gravi motivi di salute – ha spiegato- in un terzo procedimento il Tribunale di Brescia, inspiegabilmente e a fronte della medesima documentazione medica, lo ha ritenuto compatibile col regime carcerario e ha rigettato ogni mia richiesta di scarcerazione». La situazione però si aggrava. I legali fanno ulteriori istanze per la concessione dei domiciliari. Il 30 maggio del 2020 Carmelo Caminiti inizia a fare lo sciopero della fame e sete perché si sente vittima di un sopruso. L’ 11 agosto si aggrava e finisce in coma. Alla fine muore.
Se Caminiti aveva tante di patologie, gli altri due, Salvatore “Doddore” Meloni nel 2017 e Gabriele Milito nel 2018, erano anziani. Tutti scioperavano nell’indifferenza totale. Così come gli ultimi due, che tra l’altro fanno salire il numero dei suicidi dei detenuti, che dall’inizio dell’anno sono arrivati già a 17. Comunque rimane il dramma che il loro sciopero della fame, e abbiamo visto che non sono gli unici ad avere questo triste epilogo, si è svolto nel silenzio dei media e senza alcuna iniziativa conoscitiva da parte di forze politiche e parlamentari.