Domani l’Unione delle Camere Penali darà inizio sull’intero territorio nazionale a una staffetta di maratone oratorie dedicate dall’emergenza carcere. Parteciperanno a questi eventi, organizzati a cura delle singole Camere penali, non solo gli avvocati penalisti ma anche tutti i rappresentanti della società civile che saranno invitati o che vorranno spontaneamente partecipare: l’obiettivo è sensibilizzare l’opinione pubblica circa le drammatiche condizioni nelle quali versano le carceri del nostro Paese. Operatori penitenziari, volontari, educatori, personale sanitario, polizia penitenziaria, i Garanti dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale, i rappresentati delle associazioni che dedicano il loro impegno alla cura e alla difesa dei diritti di coloro che sono ristretti, e ovviamente i rappresentanti delle istituzioni pubbliche e della politica, sono tutti sollecitati a intervenire nei luoghi in cui le maratone saranno svolte.

La drammaticità del momento è stata troppe volte evidenziata e denunciata, con manifestazioni spontanee che ancora si svolgono in tutta Italia, con eventi a carattere nazionale come quello organizzato da Ucpi a marzo a Roma, nella Piazza dei Santi Apostoli, al quale hanno partecipato i rappresentai della politica a sostegno del disegno di legge Giachetti- Bernardini per la liberazione anticipata speciale. O come l’incontro con il Ministro Nordio, al quale l’Unione ha partecipato assieme ad Anm, organizzato da Radio Radicale, tenutosi ad aprile presso l’Università di Roma Tre. Il numero dei suicidi continua a crescere ininterrottamente, senza distinzione fra strutture del Nord, del Centro, del Sud e delle isole, a dimostrazione della tragica diffusione di un fenomeno che testimonia indubbiamente la condizione di alienazione e di abbandono nella quale versa la popolazione carceraria.

Siamo tutti consapevoli del fatto che non esiste un rapporto diretto fra numero dei suicidi e sovraffollamento, ma sappiamo anche che il sovraffollamento impedisce alle poche strutture ancora virtuosamente attive nelle nostre carceri di svolgere dignitosamente ed efficacemente il proprio lavoro di assistenza, sanitaria, psicologica, psichiatrica e di trattamento in favore dei detenuti. Lo sbilanciamento fra popolazione carceraria (che ha da tempo superato il limite dei 61.000 reclusi) e posti disponibili ( una capienza stimata per circa 47.000 persone), con punte di criticità del 200%, rende evidentemente impossibile ogni forma di assistenza, e finisce così per catalizzare tutte le carenze delle strutture e con l’aumentare il senso di abbandono e di disperazione dei soggetti più fragili.

Le chiusure dei reparti, le preoccupazioni securitarie dovute al numero degli ingressi, la carenza di risposte di giustizia, concorrono tutte a rendere privo di speranza l’orizzonte della detenzione. Siamo allo stesso modo ben consapevoli che l’intero sistema dell’esecuzione penale, a partire da un radicale ripensamento del senso della pena detentiva, debba essere oggetto di un’ampia e radicale riforma. Si tratta di riprendere quel filo che era stato intrecciato con l’esperienza corale degli Stati generali dell’esecuzione penale, che aveva visto il diffuso impegno di tutte le categorie coinvolte nell’esperienza carceraria, dagli architetti agli operatori, dagli avvocati ai magistrati, e di svilupparne la prospettiva programmatica.

E, tuttavia, di fronte alla drammatica esperienza di 36 suicidi in questi primi cinque mesi dell’anno, non possiamo ancora una volta non richiamare il Governo alle sue responsabilità, chiedendo di porre in essere rimedi concreti e urgenti volti alla decompressione del sovraffollamento e all’immediato ripristino di una condizione minima di legalità.

L’avvocatura è consapevole del suo ruolo sociale e della necessità di tutelare i valori democratici della nostra Costituzione, non in astratto, bensì nella concreta tutela del diritto alla vita, e in questo caso del diritto alla dignità delle persone detenute, condannate e in attesa di giudizio, tutte naturalmente destinatarie di eguali aspettative di protezione. Una esigenza cui fa eco la parola stessa di Papa Francesco che, nella sua Bolla di indizione del Giubileo del 2025, ha voluto ricordare proprio “i detenuti che, privi della libertà, sperimentano ogni giorno, oltre alla durezza della reclusione, il vuoto affettivo, le restrizioni imposte e, in non pochi casi, la mancanza di rispetto”, formulando un’esplicita esortazione “ai Governi che nell’anno del Giubileo si assumano iniziative che restituiscano speranza; forme di amnistia o di condono della pena volte ad aiutare le persone a recuperare fiducia in se stesse e nella società”. Vi sono diritti della persona sui quali visione laica e visione religiosa appaiono collocati su di un unico orizzonte di umanità. Non si può restare sordi ad entrambi.