La procura di Perugia è convinta di aver trovato la sua talpa: a inviare ai giornali la richiesta di archiviazione per l’indagine sulla Loggia Ungheria sarebbe stato un dipendente amministrativo dell’ufficio, che secondo le indagini avrebbe effettuato numerosi accessi abusivi sul fascicolo informatico. In meno di 48 ore, dunque, il responsabile sarebbe venuto a galla: gli uomini della polizia postale e i carabinieri hanno infatti scoperto che fra gli atti scaricati illegittimamente ci sarebbe anche la richiesta di archiviazione, motivo per cui la procura ipotizza ora a carico del dipendente il reato di accesso abusivo a sistemi informatici pubblici e quello di rivelazione di segreto d'ufficio.

«Faremo tutto il possibile», aveva promesso il procuratore Raffaele Cantone e così sembra essere stato. Ma l’idea che la manina che ha fatto finire nuovamente sui giornali Luca Palamara sia quella di un semplice funzionario non convince del tutto l’ex presidente dell’Anm. Che anzi oggi depositerà il suo esposto in procura a Firenze, competente sui magistrati perugini, dove Palamara si era presentato già due anni fa, quando gli stessi giornali oggi in possesso delle notizie sulla nuova indagine che lo riguarda pubblicarono le intercettazioni sullo scandalo dell’Hotel Champagne. Tutto fa dunque pensare ad un disegno unico, finalizzato a colpire l’ex consigliere del Csm, depositario, forse, di troppi segreti scottanti sulle toghe italiane. Segreti in parte spiattellati nei suoi due libri, in parte ancora taciuti e forse tanto grandi da poter destabilizzare l’equilibrio già fragile del potere giudiziario.

L’idea è che il silenzio che finora ha avvolto la fuga di notizie del 2020 non possa più essere perpetuato. In primo luogo perché il postino interno alla procura di Perugia ha sempre gli stessi interlocutori - e ciò non può essere più un caso -, in secondo luogo perché tra le notizie di reato contenute nella richiesta di archiviazione sulla Loggia Ungheria, fa notare Palamara, «ci sono fatti che non mi sono stati contestati». E solo ciò che lo riguarda, tra gli stralci effettuati dalla procura di Perugia, è stato dato in pasto alla stampa. Tutto farebbe dunque pensare ad uno schema. E non si tratterebbe della prima volta: oltre alla fuga di notizie sul Palamaragate, infatti, la storia recente della magistratura ha registrato anche la diffusione illecita dei verbali di Piero Amara, ex avvocato esterno di Eni che ha svelato l’esistenza poi smentita - della nuova P2.

Verbali che sono serviti ad un duplice scopo: da un lato destabilizzare nuovamente il Csm, dall’altro mettere in pubblica piazza i nomi altisonanti di presunti affiliati, di fatto inquinando le indagini e adombrando sospetti su uomini dello Stato. Ora, secondo l’ipotesi di Palamara, Amara avrebbe un nuovo “compito”: tenere in piedi i processi - a suo dire traballanti - in corso a Perugia contro di lui. Dove oggi sono attese due diverse udienze: quella sulla rivelazione di segreto d’ufficio che vede l’ex pm imputato assieme a Stefano Rocco Fava, oggi giudice civile a Latina, e quella del processo che lo vede imputato per corruzione.

In aula Palamara e i suoi legali decideranno come comportarsi: una delle possibilità in ballo è che si chieda la remissione del processo per via di una situazione ambientale ormai incompatibile con il sereno svolgimento del processo. Anche perché, come evidenziato dallo stesso Cantone, «la procura di Perugia è parte lesa» nella nuova fuga di notizie. Una situazione che, a parere di Palamara, rischia di condizionare tutto quanto.

La nuova contestazione - relativa al presunto tentativo di salvare l’ex pm siracusano Maurizio Musco - non preoccupa infatti più di tanto l’ex zar delle nomine: «Si tratta di fatti già smentiti da una pur facile lettura della documentazione già a disposizione della procura di Perugia nell’ambito del procedimento 6652/ 18 rispetto alle quali le dichiarazioni dell’avvocato Amara in questa circostanza ricalcano esattamente quello che già avvenne con il giudice Tremolada: in quel caso dovevano servire a salvare il processo Eni oggi per salvare in qualche modo i processi intentati a mio danno aveva dichiarato -. Ma la battaglia di verità continua e ancor di più il rinnovato impegno politico su un tema quello della giustizia che non può non trascendere le singole vicende personali riguardando la vita di tutti i cittadini oramai interessati a comprendere e andare oltre le vicende del Sistema».