«I magistrati saranno più attenti ai numeri, alle statistiche, al gradimento degli avvocati piuttosto che a rendere giustizia. E dunque non affronteranno inchieste complesse, diventeranno sempre più impauriti e più soggetti a interferenze esterne». Così Nino Di Matteo, consigliere del Csm, in un’intervista a Il Fatto Quotidiano parlando della riforma Cartabia come appena approvata dalla Commissione Giustizia della Camera dei Deputati e della norma sul "fascicolo del rendimento del magistrato". Secondo Di Matteo «è gattopardesca» la riforma «sul sistema elettorale del Csm» perché «si dice di voler combattere la patologia dello strapotere delle correnti e invece non si combatte nulla. Anzi da un certo punto di vista si potenzia il sistema delle correnti, che evidentemente fa comodo a tutti, anche alla politica» con «un sistema elettivo in cui continueranno a essere i capi delle correnti a designare chi si candiderà al consiglio. Continueranno a sapere quattro anni prima chi sarà candidato alle elezioni».