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Pestaggi, ritorsioni nei confronti dei rivoltosi, presunte squadrette che hanno creato terrore nelle sezioni del carcere. Il biennio 2019 - 2020 è il periodo dove sono emerse denunce riguardanti presunti abusi all’interno dei penitenziari italiani. Il picco sarebbe stato raggiunto il giorno dopo le rivolte carcerarie avvenute tra il 7 e l’11 marzo scorso. Mentre il tema “scarcerazioni” (che in realtà si trattava di differimento pena per motivi di salute ai tempi del covid 19) ha monopolizzato i mass media e l’opinione pubblica, poco è stato detto sui presunti pestaggi dove alcune procure hanno avviato indagini – alcune conclusasi con la richiesta di rinvio a giudizio - con l’accusa di reato di tortura.In questo momento sono circa otto i procedimenti in corso per episodi di tortura che vedono implicati gli agenti della polizia penitenziaria. Partiamo dal carcere di San Gimignano dove l’associazione Yairaiha Onlus ha reso pubblica la lettera – pubblicata in esclusiva su Il Dubbio - da parte di un detenuto che sarebbe stato spettatore di un presunto pestaggio nei confronti di un extracomunitario. Addirittura lo scrivente ha detto di essere stato aggredito da un agente penitenziario per aver protestato contro il presunto pestaggio. L’altra conferma che qualcosa è accaduto è poi dovuta dalla Asl che, una volta ricevuto i referti compilati dal medico di turno, ai sensi dell’art 331 cpp, è stata trasmessa la notizia di reato alla competente Procura di Siena. Poi, nell’ottobre del 2019, dopo un’accurata indagine con tanto di prove video, il pubblico ministero ha contestato il reato di tortura nei confronti di quindici agenti di polizia penitenziaria della Casa di Reclusione. Nei confronti di 4 poliziotti, a seguito di misura interdittiva disposta dalla procura, il Dap aveva disposto la sospensione dal servizio. Al termine del periodo sono regolarmente rientrati in servizio. Oltre Yairaiha Onlus, anche l’associazione Antigone è parte del procedimento in quanto a dicembre del 2019 ha presentato un proprio esposto sui fatti. L'udienza preliminare originariamente fissata per il 23 aprile 2020, a causa dell'emergenza sanitaria è stata rinviata al 10 settembre 2020. Parteciperà anche l’autorità del garante nazionale delle persone private della libertà come parte offesa.Come si legge nel pre - rapporto di Antigone c’è il caso del carcere di Monza. I fatti risalgono ad agosto 2019 e riguardano la violenta aggressione fisica denunciata da un detenuto. A fine settembre Antigone presenta un esposto, che si affianca alla denuncia presentata dalla vittima. Il magistrato, nel corso del procedimento, ha acquisito le videoregistrazioni relative a quanto accaduto. Nel febbraio del 2020 è stato avviato il procedimento per tortura contro taluni agenti. Le indagini sono attualmente in corso. Così come al carcere di Palermo, a gennaio di quest’anno, Antigone viene a conoscenza di un episodio di maltrattamenti nei confronti di una persona detenuta, il quale in Corte di Assise di Appello di Palermo rende dichiarazioni spontanee, denunciando le violenze subite all'arrivo in carcere. La Corte, riscontrati i segni al volto e ascoltato il racconto, trasmette gli atti alla Procura. A seguire Antigone ha presentato un esposto contro gli agenti per tortura e contro i medici per non avere accertato le lesioni. Anche in questo caso le indagini sono attualmente in corso. I PESTAGGI DOPO LE RIVOLTE CARCERARIE. A marzo 2020, durante l'emergenza sanitaria dovuta al diffondersi del covid 19, Antigone è stata contattata da molti familiari di persone detenute presso il Carcere di Opera, per le violenze, gli abusi e i maltrattamenti, come punizione per la rivolta precedentemente scoppiata nel I Reparto. A seguire Antigone ha presentato un esposto per tortura. Sempre a marzo 2020 – periodo delle rivolte - Antigone è stata contattata dai familiari di molte persone detenute presso il carcere di Melfi, le quali hanno denunciato gravi violenze, abusi e maltrattamenti subiti dai familiari nella notte tra il 16 ed il 17 marzo 2020, verso le ore 03.30, come punizione alla protesta scoppiata il 9 marzo 2020 in seguito alle restrizioni conseguenti allo stato d'emergenza sanitaria. Le testimonianze parlano di detenuti denudati, picchiati, insultati e messi in isolamento. Molte delle vittime sarebbero poi state trasferite. Durante le traduzioni non sarebbe stato consentito nemmeno di andare in bagno. Ad esse sarebbero state fatte firmare delle dichiarazioni in cui dichiaravano di essere cadute accidentalmente. Ad aprile 2020 Antigone ha presentato un esposto per violenze, abusi e torture. Poi c’è il carcere di Santa Maria Capua Vetere. Nel mese di aprile 2020 Antigone è stata contattata da diversi familiari di persone detenute presso il reparto “Nilo” della casa circondariale campana per abusi, violenze e torture subite da taluni detenuti. Le violenze sarebbero avvenute nel pomeriggio del 6 aprile 2020 come ritorsione per la protesta svoltasi il giorno precedente dopo il diffondersi della notizia secondo cui vi era nell'istituto una persona positiva al coronavirus. I medici, in base a quanto denunciato, avrebbero visitato solo alcune delle persone detenute poste in isolamento, non refertandone peraltro le lesioni. Sin attivò anche il garante regionale Ciambriello. A fine aprile 2020 Antigone ha presentato un esposto per tortura, percosse, omissione di referto, falso e favoreggiamento. Sempre nel marzo 2020 Antigone è stata contattata dai familiari di alcune persone detenute nel carcere di Pavia che hanno denunciano violenze, abusi, e trasferimenti arbitrari subiti a seguito delle proteste di qualche giorno prima. La polizia avrebbe usato violenza e umiliato diverse persone detenute, colpendole, insultandole, privandole degli indumenti e lasciandole senza cibo. Ai detenuti durante il trasferimento non sarebbe stato permesso di portare nulla dei propri effetti personali né di avvisare i familiari. A fine aprile Antigone ha presentato un esposto per violenze, abusi e tortura. Le indagini sono attualmente in corso. Diverse persone sarebbero state già sentite dalle autorità inquirenti.Altri presunti pestaggi sarebbero avvenuti nel carcere di Foggia e sempre come ritorsione per la rivolta. A rendere pubblica l’esposto fatto in procura da parte dei familiari è Il Dubbio. Ad occuparsi del caso è stata “La rete emergenza carcere” composta dalle associazioni Yairaiha Onlus, Bianca Guidetti Serra, Legal Team, Osservatorio Repressione e LasciateCIEntrare. Si tratta di testimonianze dei familiari di alcuni detenuti presso la Casa circondariale di Foggia prima dell’intervenuto trasferimento in seguito alla rivolta. Sono ben sette le drammatiche testimonianze. Sarà la Procura ad accertare quanto sia effettivamente avvenuto e, nel caso, ad esercitare un’azione penale nei confronti dei responsabili di eventuali reati. Rimangono sullo sfondo le diverse testimonianze che coincidono perfettamente. Non per ultimo c’è il discorso dei 14 detenuti morti a seguito delle rivolte. Ufficialmente, dopo aver effettuato l’autopsia, risulta che sono morti per overdose. Ma resta aperto il discorso dei detenuti morti a seguito dei trasferimenti. Parliamo di quelli di Modena, morti uno dopo l’altro nel momento del trasferimento nelle altre carceri. Alcuni con viaggi durati ore. Cinque erano già morti nel carcere, mentre gli altri quattro sono morti durante il trasferimento. Come mai non si sono accorti che anche quest’ultimi avevano fatto una ingestione di metadone? Sarà eventualmente la magistratura a cercare la verità dei fatti.