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Il panorama delle persone internate nelle Residenze per l'esecuzione di misure di sicurezza (Rems) desta preoccupazione. D’altronde lo stesso consiglio d’Europa, recentemente, ha puntato l’indice soprattutto sulla questione delle persone in “lista d’attesa”, in particolare quella parte di “pazienti” che rimangono - di fatto, illegalmente - dentro in carcere, nell’attesa di essere trasferiti presso le Rems. I dati numerici messi in risalto dalla relazione annuale del garante nazionale delle persone private delle libertà mettono in luce una situazione complessa che richiede una risposta adeguata e conforme con la ratio della legge che ha abolito i famigerati ospedali psichiatrici (opg) e introdotto appunto le Rems. Non come sostituti, non come mini opg, ma per un utilizzo del tutto diverso.
Come emerge dalla relazione del Garante nazionale, attualmente ci sono 632 persone internate nelle 31 Rems funzionanti. Ciò che desta preoccupazione è il fatto che il 46,7 percento di queste persone si trova in misura di sicurezza provvisoria. Questo dato ha un impatto significativo sul numero di individui che, nonostante la misura definitiva, non riescono a trovare una sistemazione adeguata e l'attenzione necessaria.
Inoltre, il numero complessivo di persone dichiarate destinatarie di misure di sicurezza supera di molto il numero di coloro che erano ospitati negli Ospedali psichiatrici giudiziari (Opg) al momento della loro chiusura nel 2015. Mentre al tempo vi erano 698 pazienti ancora reclusi negli Opg, attualmente ci sono 632 persone nelle Rems e altre 65 in lista d'attesa. È importante notare che gli Opg ospitavano non solo coloro che erano in misura di sicurezza, ma anche coloro che avevano una malattia mentale o erano sotto osservazione psichiatrica. D'altra parte, le Rems accolgono esclusivamente persone internate in misura di sicurezza.
La ragione di questo aumento significativo è ancora incerta. Secondo il Garante potrebbe essere attribuibile a un maggior ricorso a misure di sicurezza reclusive o a una reale sottovalutazione dell'aumento delle difficoltà e del disagio nella società contemporanea. Tuttavia, indipendentemente dalle cause specifiche, è fondamentale incoraggiare e potenziare il processo di graduale responsabilità territoriale per affrontare tali difficoltà in modo adeguato.
Quindi, come evidenziato nella relazione annuale del Garante nazionale delle persone private della libertà, due sono le preoccupazioni rilevanti. Queste questioni riguardano sia il numero di persone accolte in misura di sicurezza provvisoria, che influisce sull'inadeguata sistemazione e attenzione di coloro che, sebbene definitivamente internati, non trovano una soluzione adeguata, sia il numero complessivo di persone sottoposte a questa misura, che supera di gran lunga il numero di coloro che erano ospitati negli Ospedali psichiatrici giudiziari al momento della chiusura di questi ultimi.
L'incremento del numero di persone soggette a misure di sicurezza, che includono non solo coloro che richiedono una custodia di sicurezza, ma anche quelli con disagio o malattia di natura psichiatrica e quelli sottoposti ad osservazione psichiatrica, rappresenta una realtà significativamente diversa rispetto al passato. Attualmente, oltre alle persone già accolte nelle Rems, vi sono altre 675 persone in lista d'attesa e 42 persone illegalmente recluse in 25 carceri senza un titolo detentivo. Inoltre, si sono verificate segnalazioni di difficoltà negli istituti penitenziari riguardo alle persone con problemi comportamentali significativi e disturbi psichici evidenti, che non vengono adeguatamente gestiti nelle cosiddette “Articolazioni per la tutela della salute mentale” presenti in alcuni di questi istituti. Questo insieme di situazioni soggettive, ingiustificate da una base medica o giuridica, ma talvolta nostalgicamente rimpiante da alcuni, è senza dubbio incomparabile rispetto alla situazione precedente.
Si aggiunge anche un’altra problematica. Lascia molta perplessità il collocamento in Rems fuori regione di pazienti, poiché in contraddizione con la necessaria presa in carico territoriale. Sì, perché le nuove residenze si fondano sui principi della territorializzazione della sanitarizzazione, nel senso che le Rems sono destinate ad accogliere, di regola, soggetti provenienti dal territorio regionale di ubicazione delle stesse e sono chiamate a svolgere eminentemente funzioni terapeutico- riabilitative, orientate a dare effettiva prevalenza al profilo della cura rispetto a quello della custodia, ragione per la quale il legislatore ha deciso di sottrarle dal circuito penitenziario affidandone la gestione al sistema sanitario regionale, all’interno del quale operano i servizi territoriali dei Dipartimenti di salute mentale, responsabili della presa in carico e degli interventi terapeutici. Parallelamente, ferma è la critica del Garante nazionale, già espressa in passato, verso strutture formalmente polimodulari che di fatto rischiano di costituire un aggregato coeso di problematicità che può richiamare il paradigma manicomiale. L’esempio è quello della “mega” Rems di Castiglione delle Stiviere. Una struttura che prima era un Opg, poi convertita in una residenza per l’esecuzione delle misure di sicurezza che ospita un totale di 160 posti letto. E ciò è un male. Le Rems sono nate per essere piccole comunità. In mancanza di quelle, nella regione Lombardia l’ex Opg è stato riconvertito in “Sistema polimodulare di Rems provvisorie”. Quindi, di fatto, è un’unica mega Rems. Come scrisse il Garante nazionale in un suo rapporto dell’anno scorso, tale situazione si riverbera «in modo preoccupante sulla qualità dei percorsi terapeutici offerti alle persone ristrette negli otto moduli e in special modo per coloro accolti nel modulo denominato “Aquarius”». Quest’ultimo un ambiente, almeno sulla carta, che garantisce il rispetto della pratica religiosa degli attuali internati di religione islamica.
Per far fronte a tutte queste problematiche, il Garante nazionale ha più volte auspicato un migliore coordinamento tra le diverse amministrazioni regionali e una maggiore capacità di rapportarsi alle difficoltà da parte del complessivo insieme dei servizi territoriali di assistenza e supporto alla salute, avendo riscontrato quanto scarsi siano tuttora gli investimenti verso i settori più marginali della collettività, in particolare nelle strutture detentive, ma non solo in esse, e quanto carente sia nei fatti la garanzia di continuità di presa in carico di persone oggettivamente difficili e dai percorsi tortuosi.
Sempre su queste stesse pagine de Il Dubbio, più volte si è ricordato che il problema principale: la previsione normativa del principio della Rems come extrema ratio non è stata accompagnata da adeguati investimenti nei servizi psichiatrici territoriali: nella maggior parte dei casi e per lo meno nell’ambito di alcune realtà regionali, le Autorità giudiziarie si sono trovate nella pratica impossibilità di prendere in considerazione valide alternative ai ricoveri in Rems, cui ricorrere nei casi in concreto portati alla loro attenzione. Il rischio è che a temi complessi, la politica risponda semplicemente con la costruzione di nuove Rems. Che in alcune regioni ce ne sia bisogno (pensiamo al discorso del rispetto della territorialità) è indubbio, ma c’è da investire sulla presa a carico da parte dei servizi psichiatrici territoriali. In fondo è lo stesso principio della Legge Basaglia, ancora non messa in pratica fino in fondo.