Un passo avanti verso le esigenze della difesa, ma non risolutivo. Il decreto intercettazioni riveduto e corretto dal guardasigilli Alfonso Bonafede è la vera novità anche per l’ennesimo conclave sulla giustizia, celebrato ieri pomeriggio a Palazzo Chigi con il premier Giuseppe Conte. Ed è anche una risposta efficace, almeno in parte, alle contraddizioni fatte emergere subito dopo l’emanazione del decreto Orlando, due anni fa, da Cnf, Unione Camere penali e Anm: il testo integrativo discusso nel vertice di ieri ridefinisce il divieto di trascrivere le parti irrilevanti o lesive della privacy, che non saranno dunque “filtrate” arbitrariamente dalla polizia giudiziaria, e prevede anche modalità soddisfacenti per l’accesso del difensore, persino la possibilità di estrarre copia. Restano però alcune gravi questioni aperte.

SPIARE L’AVVOCATO, IL DIVIETO VIRTUALE

La più importante riguarda il divieto di intercettare il difensore, che continua a essere non effettivo. Nella bozza esaminata ieri dal ministro Bonafede con gli alleati non compare infatti alcuna modifica all’articolo 103 del codice di procedura penale, in particolare rispetto alle conversazioni fra l’avvocato e il suo assistito, che restano sì inutilizzabili ma che in realtà i pm potranno continuare ad acquisire, con la possibilità - per i più scorretti - di ascoltarle comunque, e di svelare in modo indebito la strategia difensiva. Il nodo resta eccome, e al momento la maggioranza sembra troppo distratta da altri aspetti del decreto intercettazioni e, soprattutto, dall’eterno tira e molla sulla prescrizione. Ma, come auspicato più volte dal presidente del Cnf Andrea Mascherin, lo stesso esame parlamentare del decreto integrativo di Bonafede potrà essere l’occasione per tutelare finalmente la segretezza delle comunicazioni professionali del difensore.

COSA DICONO LE NUOVE NORME

Sono gli aspetti tecnici di una giornata complessa, segnata dalle difficoltà di concludere un accordo in tempi rapidi. L’analisi puntuale delle norme avviene in tempo reale nella stessa riunione di ieri pomeriggio, decisa solo poche ore prima: molti dei numerosi partecipanti all’incontro non hanno avuto modo di arrivarci “preparati”. Altra complicazione è lo stridore fra l’imminente entrata in vigore della nuova prescrizione, a cui Pd e Italia viva sono ormai rassegnati, e il rinvio delle norme sulle intercettazioni, materia tenuta in sospeso fino alla fine del vertice, che finisce quando questo numero del Dubbio è già in tipografia.

Nel dettaglio, le correzioni alla riforma Orlando appor0tate dal testo “integrativo” di Bonafede, anche sulla scia delle richieste di avvocatura e Anm, ricalibrano uno dei punti chiave del testo di due anni fa ( mai entrato in vigore): la non trascrivibilità delle comunicazioni irrilevanti e lesive della privacy. Un divieto non più esplicito per la polizia giudiziaria, cin modo da sciogliere il paradosso di una selezione del materiale da riportare nei verbali che altrimenti sarebbe rimasta tutta in capo agli agenti.

Non sarà più così, perché gli addetti alle captazioni ora potrebbero anche verbalizzare tutto, ma dovranno tener conto che poi il pm vigilerà affinché dai brogliacci restino fuori quanto meno le espressioni lesive della reputazione, o della privacy, delle persone coinvolte, sdoganate però se rilevanti per le indagini. È chiaro che un problema resta, perché il meccanismo non imopdirà di nascondere aspetti utili alla difesa.

Però a fare la differenza è un’altra modifica del codice di rito che consente all’avvocato di esaminare per via telematica tutto il materiale intercettato e verbalizzato per via telematica. Sempre il difensore sarà tra le categorie autorizzate ad accedere fisicamente all’archivio riservato del pm, dov’è custodito anche il materiale non trascritto.

Potrà ascoltarlo ed estrarre copia dei file, e i suoi accessi, come quelli di magistrati, agenti e cancellieri, saranno debitamente annotati in un registro digitale. Rispetto alla tutela della privacy, si interviene un po’ a macchia di leopardo. Ridefinito il divieto di trascrizione, con il controllo più stringente del pm, c’è il divieto di pubblicare tutte le intercettazioni irrilevanti, senza però che vengano irrobustite le patetiche sanzioni per chi il giornale che se ne infischia ( 127 euro di “multa”...).

Viene introdotto un ulteriore controllo del giudice sull’eventuale sopravvivenza di brogliacci non rispettosi della privacy. Sembrano più utili, però, non solo la ribadita tracciabilità degli accessi all’archivio riservsato del pm, ma anche l’indicazione, rimasta integra rispetto al testo di Orlando, secondo cui nelle richieste del pm sono riprodotti “solo i brani essenziali” del materiale intercettato.

Confermate le indiscrezioni sulla estensione dell’uso dei trojan a tutti i reati di corruzione con pena dai 5 anni in su: lo “spazza corrotti” lo aveva consentito solo per gli illeciti commessi dal pubblico ufficiale. Così come trova accoglienza una delle richieste più pressanti avanzate dai capi delle grandi Procure, la norma transitoria: il testo di Bonafede chiarisce che le nuove norme si applicano solo ai reati commessi dopo l’entrata in vigore della riforma.