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Dopo settimane di polemiche e guerre fratricide, il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede sembra aver trovato una exit stratey per cercare di limitare i domiciliari ai detenuti per mafia senza violare le garanzie costituzionali: la dignità del detenuto, il suo diritto alla salute e il valore rieducativo della pena. Nella bozza del decreto carceri è infatti prevista una nuova valutazione dei giudici di sorveglianza entro il termine di quindici giorni "dall'adozione del provvedimento" della detenzione domiciliare, "e successivamente con cadenza mensile". Ma la valutazione può anche essere effettuata subito, ancor prima della decorrenza dei termini "nel caso in cui il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria comunica la disponibilità di strutture penitenziarie o di reparti di medicina protetta adeguati alle condizioni di salute del detenuto o dell'internato ammesso alla detenzione domiciliare o ad usufruire del differimento della pena". Ieri la riunione decisiva, con il confronto tra il Guardasigilli Bonafede e i partiti della maggioranza. Il Pd e Leu hanno lavorato, insieme al ministro della Giustizia, per migliorare il testo, per far sì che non venisse toccata l'autonomia della magistratura e non venissero introdotti automatismi di dubbia costituzionalita'. Il decreto provvede a "misure urgenti in materia di detenzione domiciliare o differimento dell'esecuzione della pena, nonche' in materia di sostituzione della custodia cautelare in carcere con la misura degli arresti domiciliari, per motivi connessi all'emergenza sanitaria da COVID-19, di persone detenute o internate per delitti di criminalita' organizzata di tipo mafioso, terroristico e mafioso, o per delitti di associazione a delinquere legati al traffico di sostanze stupefacenti o per delitti commessi avvalendosi delle condizioni o al fine di agevolare l'associazione mafiosa, nonche' di detenuti e internati sottoposti al regime previsto dall'articolo 41 bis". "Il provvedimento con cui l'autorita' giudiziaria revoca la detenzione domiciliare o il differimento della pena e' immediatamente esecutivo", si legge nel documento. Si prevede che "quando non e' in grado di decidere allo stato degli atti" il giudice puo' disporre, "anche di ufficio e senza formalita'", accertamenti sulle condizioni di salute dell'imputato "o procedere a perizia". Le disposizioni si applicano ai provvedimenti ai provvedimenti di sostituzione della misura cautelare della custodia in carcere con quella degli arresti domiciliari "adottati successivamente al 1 febbraio 2020". Nella bozza del decreto si legge che per coloro i quali sono stati "ammessi alla detenzione domiciliare o usufruiscono del differimento della pena per motivi connessi all'emergenza sanitaria da COVID-19, il magistrato di sorveglianza o il tribunale di sorveglianza che ha adottato il provvedimento, acquisito il parere del Procuratore distrettuale antimafia del luogo in cui e' stato commesso il reato e del Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo per i condannati ed internati gia' sottoposti al regime di cui al predetto articolo 41-bis, valuta la permanenza dei motivi legati all'emergenza sanitaria entro il termine di quindici giorni dall'adozione del provvedimento e, successivamente, con cadenza mensile". "La valutazione e' effettuata immediatamente, anche prima della decorrenza dei termini sopra indicati, nel caso - si legge nella bozza del decreto - in cui il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria comunica la disponibilita' di strutture penitenziarie o di reparti di medicina protetta adeguati alle condizioni di salute del detenuto o dell'internato ammesso alla detenzione domiciliare o ad usufruire del differimento della pena". L'autorita' giudiziaria deve pero' sentire l'autorita' sanitaria regionale, "in persona del Presidente della Giunta della Regione", sulla situazione sanitaria locale e acquisire "dal Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria informazioni in ordine all'eventuale disponibilita' di strutture penitenziarie o di reparti di medicina protetta in cui il condannato o l'internato ammesso alla detenzione domiciliare o ad usufruire del differimento della pena puo' riprendere la detenzione o l'internamento senza pregiudizio per le sue condizioni di salute". L'autorita' giudiziaria provvede poi "valutando se permangono i motivi che hanno giustificato l'adozione del provvedimento di ammissione alla detenzione domiciliare o al differimento di pena, nonche' la disponibilita' di altre strutture penitenziarie o di reparti di medicina protetta idonei ad evitare il pregiudizio per la salute del detenuto o dell'internato". Quanto, invece, alle posizioni di chi e' ancora in custodia cautelare, sara' Il pubblico ministero a verificare le motivazioni che hanno portato alla concessione dei domiciliari. Il pubblico ministero "quando acquisisce elementi in ordine al sopravvenuto mutamento delle condizioni che hanno giustificato la sostituzione della misura cautelare o alla disponibilita' di strutture penitenziare o reparti di medicina protetta adeguate alle condizioni di salute dell'imputato, chiede - si legge nel documento - al giudice il ripristino della custodia cautelare in carcere, se reputa che permangono le originarie esigenze cautelari".