I decreti attuativi delle riforme sul processo penale e civile rientrano tra gli affari correnti che il governo Draghi porterà avanti fino alla nomina del nuovo esecutivo, dopo le elezioni del 25 settembre. È specificato nella Circolare della Presidenza del Consiglio relativa appunto al perimetro degli affari correnti: “Il governo rimane impegnato nell’attuazione legislativa, regolamentare e amministrativa del Pnrr”, a cui sono legate le riforme del processo. Lo avevano ribadito in questi giorni sia il presidente della Repubblica Sergio Mattarella sia il premier Mario Draghi. Quali dovrebbero essere i prossimi passaggi? I decreti legislativi sulla giustizia, come anticipato dal sottosegretario Sisto alla Camera, sarebbero dovuti arrivare all’attenzione a Palazzo Chigi entro fine luglio. Poi passaggio in Cdm per l’approvazione e invio alle commissioni Giustizia di Camera e Senato per i pareri non vincolanti, entro 60 giorni. Fino all’emanazione finale da parte del governo, a precise scadenze: il 19 ottobre per il penale, il 24 dicembre per il civile. Tutto questo tecnicamente si può fare, a patto che i partiti evitino di reclamare modifiche di rilievo, che metterebbero la guardasigilli Cartabia e l’esecutivo in una posizione complessa: recepirle per portare comunque a casa i decreti o ignorarle per salvare lo spirito della delega. Se entro il 19 ottobre non fossero in Gazzetta i testi attuativi del penale, rimarrebbe in vigore solo l’articolo 2 della legge delega, quello relativo all’improcedibilità, immediatamente vigente, mentre decadrebbe quanto previsto dall’articolo 1 che prevedeva i decreti. Nel caso del civile, è vero che la delega scade a dicembre e quindi sopravviverebbe al cambio di legislatura, ma molto probabilmente il nuovo Governo non farebbe in tempo ad emanare i decreti. Dovrebbe invece saltare la riforma della giustizia tributaria, incardinata da poco al Senato. Così come salteranno quella del carcere, che si sarebbe dovuta sviluppare sulle basi della relazione Ruotolo, e quella dell’ergastolo ostativo, il che potrebbe costringere la Consulta al terzo rinvio della sentenza. Mentre per quanto concerne i decreti attuativi della riforma del Csm, spetterà al nuovo governo emanarli giacché la delega scade a giugno dell’anno prossimo.