Era scritto. «Andrò via alla scadenza prevista, il 7 aprile 2017», conferma ora l'attuale presidente dell'Anm Piercamillo Davigo. Passaggio scontato solo in apparenza. È vero che il sindacato dei giudici si regge dalla scorsa primavera su un accordo tra le correnti più rappresentative: presidente e giunta ruotano annualmente, fino alle elezioni associative del 2020, in modo che il vertice sia espresso a turno da tutti i gruppi. Sarebbe dunque pacifico il passaggio del testimone dopo il primo anno. Senonché la forza mediatica dell'ex pm di Mani pulite ha aperto un interrogativo: davvero si può rinunciare a un leader così "visibile"? Sì, secondo Magistratura democratica: in un'intervista di venerdì scorso al Dubbio, Anna Canepa, segretaria della storica corrente "di sinistra", ha dato per scontato il cambio della guardia. Quella precisazione di Davigo è arrivata sabato proprio durante l'intervento del presidente Anm al congresso di Md a Bologna. Quasi una rassicurazione, per le assise del gruppo: «L'ho già detto in giunta, nel caso qualcuno avesse dei dubbi mancano 5 mesi e 3 giorni alla fine del mio mandato che io aspetto con ansia, faccio la conta come i militari», ha puntualizzato l'ex magistrato del Pool. «Se ci fossero pensieri contrari, in ogni caso rassegnerò le mie irrevocabili dimissioni all'8 aprile 2017». Frase che sembra confermare l'esistenza quanto meno di una discussione, sul punto.Chi dopo di lui? Difficile dirlo. Un'altra toga che s'imponga come lui nella comunicazione probabilmente non esiste. E poi sulla linea dell'Associazione magistrati, in questi mesi, si è proiettata moltissimo quella di Autonomia & Indipendenza, la corrente di Davigo appunto. Molta fermezza "corporativa", per usare un aggettivo ricorrente, in chiave critica, nella mozione finale approvata al congresso bolognese. Proprio dal gruppo dei giudici "di sinistra" potrebbe arrivare l'alternativa. Sono loro a proporre ora idee forti, con un linguaggio di rottura e dunque capace di entrare con forza nel dibattito pubblico.Il gruppo che oggi è rappresentato al Csm da Piergiorgio Morosini e Lucio Aschettino lascia filtrare prudenza: «È prematuro». Alle elezioni associative e a quelle per il Consiglio superiore, Md si presenta ormai regolarmente alleata, nel raggruppamento di Area, con Movimento per la giustizia. È dunque insieme con la lista consorella che andrà valutata una candidatura. Un nome circolato nei colloqui tra le varie correnti è quello di Eugenio Albamonte, pm a Roma e rappresentante di Md nel direttivo Anm. Intanto le assise di Bologna restituiscono una magistratura "di sinistra" ancora vitale. Negli ultimi tempi i toni erano stati assai contenuti (a parte il "no" esplicito sul referendum) e prima di Bologna si era ipotizzato addirittura lo scioglimento. Adesso c'è un Consiglio nazionale in cui gli eletti col maggior numero di voti sono Mariarosaria Guglielmi (264 preferenze, che sarà probabilmente indicata come segretaria nella prima riunione del 3 dicembre) e Riccardo De Vito (201 voti, in lizza come nuovo presidente). C'è una rappresentanza promettente di giovani, con la giudice del Lavoro Giulia Marza Locati quarta degli eletti a quota 180. E soprattutto c'è intenzione di entrare con forza nel dibattito su un tema difficile come il carcere. All'esecuzione penale è dedicata una delle tre mozioni approvate a Bologna. Nell'incipit vi si legge: «Magistratura democratica intende promuovere, con l'avvocatura e con articolazioni della società civile, un grande dibattito e iniziative sul sistema dell'esecuzione della pena». Il fatto stesso di prevedere azioni in accordo con la classe forense è un segno distintivo rispetto alla linea Davigo, che di frecciate contro gli avvocati ne ha scagliate parecchie. A questo si aggiunga il proposito di respingere «con forza il disegno di una cultura - presente anche in una parte della magistratura - purtroppo fondata sulla convinzione che i problemi che la società non riesce a risolvere possano essere scaricati sul carcere». Altrettanto chiara la richiesta di «stralcio» della delega sull'ordinamento penitenziario «dal testo di riforma del processo penale». E ancora, sì a una «ragionata riflessione» sul 41 bis e «ridefinizione» dell'ergastolo ostativo, per dare maggior peso alla «discrezionalità» del magistrato anche per chi è «colpevole di gravi delitti». Tutto sembra fuorché un programma in continuità con quello di Davigo. Ma forse all'Anm una linea altrettanto decisa seppur opposta all'attuale serve proprio per continuare a far presa sugli iscritti.