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In attesa della riforma (generale, rectius, ampia) del processo penale, in ordine alla quale, al di là delle buone intenzioni, si evidenzia il classico “urge... attendere”, anche per l’emergere di alcuni significativi “caveat”, ci sono alcune materie sulle quali è possibile, anzi necessario, provvedere. I limiti per i pm nell'acquisizione dei tabulati telefonici Il primo riguarda l’urgenza di intervenire sulla disciplina dei tabulati in seguito alla sentenza della Corte di Giustizia Ue. Del resto, si tratta di dar seguito all’ordine del giorno accolto dal governo. Sarà necessario precisare non solo la competenza a provvedere, ma anche i profili oggettivi e soggettivi. Se, invero, sotto il primo aspetto la questione non appare suscettibile di “fughe” dalla decisione europea e dal citato o.d.g., molti interrogativi riguardano i reati (gravi) per i quali è possibile l’accesso, nonché il materiale (tra quello emergente dai dati a disposizione, piuttosto vasto) per il quale in una logica di proporzionalità l’autorizzazione può essere disposta, ed altresì i soggetti in relazione ai quali può essere autorizzata la conoscenza dei dati, non necessariamente il solo indagato.L’intervento è reso necessario dalla diversità delle pronunce che nell’immediatezza hanno affrontato l’operatività della previsione e dalle negative conseguenze processuali che potrebbero determinarsi dalle possibili pronunce della Cassazione, della Corte costituzionale e della Corte di Giustizia rispetto all’utilizzabilità del materiale acquisito dal pubblico ministero. L’attuazione della direttiva sulla presunzione d'innocenza Il secondo intervento (urgente) riguarda l’attuazione della delega della direttiva 343 del 2016, in tema di presunzione di non colpevolezza. La necessità di un tempestivo intervento sembra imporsi soprattutto in considerazione del grave ritardo nel suo recepimento. Al di là di aspetti di agevole attuazione e in parte già presenti nel tessuto normativo, il nodo centrale che bisogna affrontare — pur nella sua rilevanza ma proprio per questa ragione — attiene alle iniziative attraverso le quali gli uffici di Procura evidenziano i risultati investigativi tesi a presentare l’imputato come colpevole. Al di là delle ricadute — possibili — su esiti processuali suscettibili di sovvertire queste impostazioni, peraltro, con negative considerazioni della società sulla credibilità dell’istituzione giustizia, delle “frizioni” tra organi giudicanti e requirenti, il dato lede il principio fondamentale della presunzione di innocenza, del diritto di difesa e del diritto di cronaca. L’urgenza dell’intervento è correlata alla necessità di assicurare all’imputato un rimedio effettivo, in caso di violazione delle disposizioni, che deve rendere concretamente determinato e sanzionato il diritto a veder assicurata la garanzia di non essere additati come colpevoli — esclusi gli atti processuali legittimamente assunti — fino alla condanna definitiva. Istruire in Italia i "pareri" della Corte per i diritti umani Il terzo intervento riguarda l’adesione dell’Italia al protocollo 16 della Cedu, la cui decisione è rimasta impantanata, per alcune resistenze, nei lavori delle commissioni parlamentari. Anche in questo caso si tratta di questione risalente al 2013. Si prevede di estendere la competenza della Corte europea dei diritti dell’uomo alla pronuncia di pareri consultivi, così da permettere alla stessa Corte di interagire maggiormente con le autorità nazionali, consolidando in tal modo l’attuazione della Convenzione europea, in modo conforme al principio di sussidiarietà. Si prevede, infatti, che le più alte giurisdizioni di ciascun Paese (allo stato il Protocollo è operativo per 14 Stati) possano presentare “richieste di pareri consultivi su questioni di principio relative all’interpretazione o all’applicazione dei diritti e delle libertà definite dalla Convenzione e dai suoi Protocolli”. Le riserve incentrate sulla ritenuta perdita di sovranità della nostra giurisdizione risultano infondate, essendo le decisioni non vincolanti. Del resto, se non ricordo male, la Corte costituzionale si era espressa favorevolmente all’adesione. Si tratterebbe di uno strumento che si colloca nella logica del dialogo tra le Corti, autentica nuova frontiera della circolazione e omogeneizzazione del diritto nello spazio comune europeo nel settore della giustizia. Attuare la legge sul rimborso delle spese legali agli assolti Il quarto provvedimento — al di là delle relazioni al Parlamento su temi specifici (ad esempio sulle misure cautelari) sempre in ritardo — riguarda il decreto attuativo della legge che attribuisce all’imputato assolto il diritto di accedere a un parziale rimborso delle spese di difesa. Il termine previsto dalla legge è spirato. Ancorché si possa trattare di un elemento non decisivo, esso costituisce e costituirebbe un segnale di attenzione nei confronti di chi ha subito una lesione non soltanto patrimoniale ma soprattutto personale, che, senza risanare il vulnus sofferto, evidenzierebbe quella dimensione della solidarietà che è alla base della previsione, particolarmente significativa ora che si vogliono introdurre ipotesi di mediazione processuale, tese a cicatrizzare la vicenda delittuosa. Se c’è la volontà politica...