Forse si doveva proprio attendere la sentenza Palamara, perché potesse sbrogliarsi la “matassa politica” all’interno del Csm. Così sembra se si pensa che solo domenica scorsa, dopo la radiazione dell’ex presidente Anm, hanno cominciato a diventare meno indecifrabili le diverse posizioni, a Palazzo dei Marescialli, su due delicatissimi dossier: la permanenza di Piercamillo Davigo nella carica di consigliere dopo che, il 20 ottobre, si sarà congedato dalla magistratura e il subentro di Pasquale Grasso nel “seggio” lasciato libero in plenum da Marco Mancinetti, il togato di Unicost dimessosi il 20 settembre. Due questioni che nelle settimane del turboprocesso Palamara sono rimaste sotto traccia. D’improvviso, rimosso il rischio che si incrociassero con la vicenda disciplinare, sono arrivati domenica scorsa comunicati o interventi da tre gruppi della magistratura associata. Uno della progressista “Area” che chiede, su Davigo e Grasso, «voto palese» e discussioni separate, affinché non siano «influenzate da argomenti di tipo personalistico, da logiche di schieramento o da calcoli strategici». Secondo “Area”, «la decisione dell’un caso» non deve essere «contraltare dell’altro». Nelle stesso ore è apparso sulla rivista Questione giustizia un intervento del presidente di “Magistratura democratica” Riccardo De Vito, il solo ad assumere una posizione esplicita sull’ex pm di Mani pulite. La sua eventuale permanenza a Palazzo dei Marescialli è giudicata, da De Vito, un percolo per la «rappresentatività democratica del Consiglio». Infine un comunicato di “Magistratura indipendente”, la corrente contrapposta ai gruppi progressisti ( sono due, anche se “Md” è in realtà una componente della stessa “Area”, seppur con una propria vivace soggettività): in quest’ultimo documento non c’è un’indicazione rispetto alla scelta che il gruppo moderato compirà su Davigo, in compenso c’è una forte presa di posizione a favore di un avvicendamento tra Mancinetti e Grasso.

Tre posizioni molto diverse per impostazione, ma anche dal punto di vista strategico. “Mi” ricorda che «1983 colleghi» si sono espressi a favore di Grasso, arrivato secondo alle «elezioni suppletive dell’ 8 e 9 dicembre 2019 per funzioni giudicanti di merito», vinte da Elisabetta Chinaglia». Quei quasi duemila magistrati «attendono da oltre un mese la convocazione di Pasquale Grasso, avendo democraticamente espresso il proprio voto, e si chiedono per quale ragione il loro voto non sia rispettato». Neppure il gruppo moderato, come “Area”, esprime in modo diretto la propria intenzione sulla permanenza di Davigo.

De Vito è appunto l’unico a schierarsi e lo fa con argomentazioni che riprendono l’intervento del direttore di Questione giustizia Nello Rossi pubblicato a fine luglio. In particolare il presidente di “Md” cita la pronuncia del Consiglio di Stato relativa a un caso analogo ma dalla valenza generale, secondo cui «se per ' autogoverno' deve intendersi un sistema in virtù del quale la gestione e l’amministrazione dell’istituzione è affidata ai suoi stessi esponenti, nella specie attraverso un organo costituito in base al principio di rappresentatività democratica, ne discende che la qualità di appartenente all’istituzione medesima costituisce condizione sempre essenziale e imprescindibile per l’esercizio della funzione di autogoverno, e non solo per il mero accesso agli organi che la esercitano» . Secondo De Vito, Davigo non può dunque restare a Palazzo dei Marescialli a meno di voler «gettare a mare» quella «rappresentatività». Una simile incrinatura, conclude il presidente di “Md”, rischia di essere un assist alla politica, «impegnata nel tentativo di riforma dell’ordinamento giudiziario: l’auspicio è che» il legislatore «non fiuti» la dissoluzione, insieme col principio di rappresentatività, anche di quello della «autonomia».

Si dirà: se un esponente autorevole della “sinistra togata” qual è De Vito si schiera contro la permanenza di Davigo, vorrà dire che alla fine i voti di “Area” andranno in quella direzione. Ma non è detto, intanto perché dei 5 attuali consiglieri del rassemblement progressista - di cui “Md fa pur sempre parte - nessuno è ormai organicamente allineato alle posizioni della storica componente “di sinistra”. A cominciare dal capogruppo Giuseppe Cascini, che di “Magistratura democratica” ha addirittura disdetto la tessera. Non si può dunque escludere che alla richiesta di votare separatamente, da ogni punto di vista, su Davigo e Grasso, si associ una propensione di “Area” alla permanenza di Davigo in plenum. E anzi le indiscrezioni danno tale scelta per maggioritaria tra i togati del Csm: a essere perplessi sarebbero sì alcuni consiglieri di varia provenienza, ma se, come sembra, prevarrà la richiesta per il voto palese, avanzata da “Area”, difficilmente il drappello dei contrari al’ex pm di Mani pulite resterebbe numeroso. Sarebbero per il no una parte dei laici, non tutti: quelli indicati da FI ( Cerabona e Lanzi), dalla Lega ( Basile e Cavanna) e forse uno dei consiglieri proposti dai 5 Stelle, Donati. Benedetti e Gigliotti voterebbero a favore di Davigo. Tra i togati che sono 16, il doppio dei laici neppure l’intera delegazione di “Mi” sarebbe per la decadenza. Sull’ex pm del Pool, insomma, il quadro è delineato: oggi la Commissione verifica titoli deciderà se presentare già doman i al plenum la propria relazione, con il parere dell’Avvocatura dello Stato sfavorevole al consigliere prossimo al congedo. Certo è che l’improvviso surriscaldarsi del clima conferma l’impresssione che lo sprint su Palamara sia stato favorito dalla volontà di liquidarlo prima che altri nodi del plenum arrivassero al pettine.