PHOTO
«Il rinnovo parziale dei componenti del Consiglio superiore della magistratura potrebbe essere un buon compromesso», dichiara il professore Alessio Lanzi, laico in quota Forza Italia, a proposito dell’emendamento sul punto proposto ieri in Plenum durante la discussione del parere sul testo di riforma dell’organo di autogoverno delle toghe e che raccoglie la proposta formulata dalla ministra della Giustizia. Marta Cartabia, nelle linee guida illustrate in Parlamento nei giorni scorsi, aveva ventilato l’ipotesi di procedere con il rinnovo parziale dei componenti del Consiglio a metà consiliatura, quindi ogni due anni. Diversi sarebbero i benefici del rinnovo parziale: maggiore continuità dell’istituzione, non dispersione delle competenze acquisite dai consiglieri in carica, fine delle logiche “spartitorie”. «Il Consiglio valuta positivamente questa proposta di riforma compatibile con l’attuale assetto costituzionale del Csm. Da essa tra l’altro discenderebbero effetti positivi sull’efficienza dell’istituzione sia per la mancata dispersione delle competenze acquisite dai consiglieri in carica sia per la mancata interruzione di operatività legata al rinnovo totale del consiglio», il testo dell’emendamento firmato dai consiglieri Emanuele Basile Alberto Benedetti, Stefano Cavanna, Michele Cerabona, Filippo Donati Alessio Lanzi e condiviso da Fulvio Gigliotti. L’emendamento è stato approvato con 13 voti a favore, 7 contrari e 5 astensioni. L’emendamento è stato poi integrato da un’aggiunta in cui si chiarisce che il Consiglio «sottolinea la necessità di collegare il rinnovo parziale a una riforma del sistema elettorale tale da garantire il rispetto del pluralismo nella rappresentanza dei consiglieri togati». Il rischio, infatti, è che senza una modifica del sistema elettorale del Csm vengano premiati i candidati dei gruppi associativi più forti. Un rinnovo parziale dei componenti è già in essere alla Corte costituzionale. L’ultimo ostacolo riguarda l’interpretazione dei “quattro anni” di cui al penultimo comma dell’articolo 104 della Costituzione, se sia da riferirsi ai membri del Csm singolarmente considerati o all’organo nel suo complesso. Con il rinnovo parziale Piercamillo Davigo sarebbe potuto rimanere al Consiglio? Decaduto lo scorso anno per sopraggiunti limiti di età, l’ex pm di Mani Pulite ha sempre sostenuto che la durata del mandato di consigliere del Csm fosse svincolata dal paletto anagrafico. Davigo si è ora rivolto al giudice ordinario dopo che il Consiglio di Stato, confermando la decisione del Tar del Lazio, aveva dichiarato la non competenza del giudice amministrativo sulla questione della decadenza. Il Csm ha approvato questa settimana a maggioranza, con 5 astensioni, una delibera della Commissione verifica titoli che dà mandato all’Avvocatura dello Stato di costituirsi in giudizio. Non sussistono gli estremi «per reputare fondata la domanda volta ad ottenere l’accertamento del diritto alla conservazione della carica di consigliere elettivo del Csm, la condanna del Consiglio superiore della magistratura alla reintegrazione nell’incarico e la disapplicazione o l’annullamento del collocamento fuori ruolo del dottor Celentano (Carmelo, ndr)», subentrato a Davigo in rappresentanza dei giudici di legittimità. L’udienza al Tribunale di Roma è fissata il prossimo 12 maggio.