Con la difficile partita per la casella del ministro della Giustizia si intreccia anche quella per la vicepresidenza del Consiglio superiore della magistratura. Qualora per lei non si aprissero le porte di via Arenula, da ieri si dà per scontato che Maria Elisabetta Alberti Casellati farebbe comunque parte dell’esecutivo, come titolare delle Riforme istituzionali. Ma c’è una terza ipotesi: l’ex presidente del Senato potrebbe essere eletta a Palazzo dei Marescialli proprio nella prospettiva di essere indicata al vertice dell’organo di autogoverno. Il suo sarebbe un ritorno, considerato che Casellati era stata eletta “semplicemente” consigliera laica nel 2014. Questa ipotesi si potrebbe concretizzare solo se ci fosse ovviamente un accordo tra centrodestra e magistratura, senza trascurare che su una carica del genere lo sguardo del Colle è sempre particolarmente attento. Qualora si realizzasse l’elezione di Casellati a piazza Indipendenza, allora vorrebbe dire che ci troveremmo con Carlo Nordio ministro della Giustizia “associato” Francesco Paolo Sisto nelle vesti di viceministro. Questione di ore, se non di minuti: al momento di mandare queste pagine in tipografia non è ancora del tutto chiara quale scelta sia maturata, sulla Giustizia, dal vertice Meloni-Berlusconi. Ricordiamo che con la riforma Cartabia i consiglieri laici passano da otto a dieci. La loro elezione dovrebbe coincidere con la prima riunione in seduta comune delle Camere a metà novembre. La maggioranza ne reclamerebbe sette: tre a Fratelli d’Italia, due alla Lega e due a Forza Italia. Dai primi due azionisti di maggioranza non trapelano nomi al momento – “troppo prematuro parlarne adesso”, ci dicono fonti interne – anche se già si erano fatti almeno quelli di Francesco Urraro per la Lega e di Alberto Balboni per Fratelli d’Italia. Forza Italia punterebbe sui primi non eletti, tra cui l’ex senatrice Fiammetta Modena e gli ex onorevoli Mirella Cristina e Roberto Cassinelli. Tutti già componenti delle rispettive commissioni Giustizia dei due rami del Parlamento. E però il presidente dell’Anm Giuseppe Santalucia, nella sua relazione al congresso di qualche giorno fa, ha fatto capire che per il Csm sarebbe meglio non avere i non eletti alle Politiche: «Siamo fiduciosi sul fatto che il Parlamento saprà nominare una componente laica di alta statura che, per cultura giuridica e sensibilità istituzionale, agevolerà nel Consiglio il compimento di un processo di rinnovamento che, come sempre è accaduto, non può prescindere dalla buona volontà di donne e uomini». Fonti di Forza Italia respingono al mittente il messaggio: «Santalucia non può dettare al Parlamento le regole di ingaggio dei prossimi consiglieri del Csm. Dopo gli scandali che hanno attraversato la magistratura negli ultimi anni non possono permettersi di dire nulla in merito. Le figure che noi indichiamo sarebbero, invece, una garanzia per tenere a bada possibili ingerenze da parte della componente togata». All’opposizione andrebbe la scelta di tre consiglieri: uno per il Partito democratico, uno per il Movimento 5 Stelle, uno per il Terzo polo di Azione e Italia viva. Il Pd, passata la fase di avvio della legislatura, valuterà i profili più autorevoli per il Csm. Dal M5S bocce cucite ma rimane in piedi la candidatura dell’ex ministro Alfonso Bonafede, mentre per il Terzo polo la partita dovrebbe condurla Matteo Renzi: si fanno i nomi di Giuseppe Cucca e Lucia Annibali.