In tempi di pauperismo dilagante, dove la dittatura del politicamente corretto impone che i vertici dello Stato si debbano spostare con l’autobus o a piedi, rinunciando al simbolo per eccellenza della “casta”, la famigerata auto blu, il Consiglio superiore della magistratura inverte la rotta e spende 140mila euro per organizzare il saluto del presidente della Repubblica con i giovani magistrati.

Tanto è costato il mese scorso l’incontro al Quirinale, durato meno di un’ora, del Capo dello Stato con i 370 Mot ( i magistrati ordinari in tirocinio, gli ex uditori giudiziari) nominati a febbraio dal Ministero della giustizia. Prima del conferimento delle funzioni giurisdizionali e dell’assegnazione della prima sede di servizio, è consuetudine organizzare da parte del Csm una visita al presidente della Repubblica, nella sua qualità di presidente dell’Organo di autogoverno delle toghe.

La cerimonia, come si ricorderà, si è svolta lo scorso 23 luglio. «Sono lieto di proseguire nella tradizione, ormai consolidata, di incontrare i giovani magistrati prima dell’assunzione delle funzioni negli uffici di destinazione», aveva detto durante il suo intervento Sergio Mattarella, evidenziando come «la presenza del ministro della Giustizia, dei componenti del Csm e del Comitato direttivo della Scuola superiore della magistratura è il segno tangibile della rilevanza istituzionale di questo incontro, a cui attribuisco, come presidente del Csm, particolare valore e significato».

Il giorno successivo, sempre come da prassi, i neo magistrati hanno poi provveduto ad indicare la se- de di servizio, scegliendola fra quelle vacanti riportate nell’elenco del Csm, in base alla graduatoria finale del concorso.

I 140mila euro hanno, dunque, coperto le spese di viaggio, di pernottamento e dei pasti per la due giorni romana delle toghe. Erano esclusi dal rimborso solo i neo magistrati che stavano svolgendo il tirocinio nella Capitale. Sicuramente qualcuno storcerà la bocca ritenendo questi “riti” ormai superati. Formalità datate, vuote e prive di senso. E criticherà anche il sistema di scelta della sede di servizio organizzato dal Csm: l’appello nominativo per alzata di mano. In un contesto totalmente informatizzato, caratterizzato da procedure just in time, una metodo sicuramente collaudato ma forse non proprio al passo con i tempi.

Con i Tribunali che cadono a pezzi, tipo il palazzo di giustizia di Bari evacuato per rischio crollo lo scorso mese di maggio, o quello della Capitale dove solo qualche giorno fa è venuto giù il soffitto della cancelleria penale, in molti si chiedono se questi soldi potessero essere spesi in maniera diversa. Ma la forma è anche sostanza. Come quando in Tribunale entra la Corte e bisogna alzarsi in piedi. Un rigore formale, quindi, che vuole essere anche un monito per chi è chiamato ad esercitare le funzioni giurisdizionali. Un indirizzo preciso e puntuale che è stato fra i primi obiettivi di questo Csm che terminerà il mandato quadriennale fra qualche settimana. Vedasi il richiamo alle toghe ad una maggiore sobrietà nell’uso dei social network o, con l’approvazione di una circolare specifica, ad una comunicazione istituzionale rispettosa dei diritti delle altre parti processuali.