Il progetto per la giustizia contenuto nel Recovery plan va rafforzato. E non si tratta di risorse - tre miliardi non sono pochi - ma di visione: puntare sulla digitalizzazione dimenticando i processi decisionali è il grande errore che rischia di far sprecare un’occasione. Ed è per questo che la soluzione, secondo l’economista Carlo Cottarelli, è il manager dei tribunali. Una figura che potrebbe restituire efficienza alla macchina e lasciare al centro della giustizia le persone. Quali sono i problemi principali per la giustizia italiana? Il problema generale è quello della lentezza. Bisogna riconoscere che qualche progresso è stato fatto negli ultimi anni. Secondo l’ultimo rapporto Cepej (Commissione europea per l'efficacia della giustizia, ndr) la durata media dei processi che arrivano al terzo grado di giudizio in Italia si è ridotta a sette anni e quattro mesi, contro gli otto del 2016. Anche la giustizia amministrativa ha accelerato i tempi, però sempre con un certo ritardo rispetto ad altri Paesi con i quali ci dobbiamo confrontare. In Germania, ad esempio, i processi civili durano due anni e quattro mesi.C’è poi un forte arretrato per ridurre il quale si vogliono assegnare risorse straordinarie. La riforma punta a favorire conciliazioni giudiziali o transazioni extragiudiziali per snellire l’accesso alla giustizia. Si trova d’accordo? Ci deve essere maggiore attenzione per queste procedure e credo anche ci debba essere - anche se mi rendo conto che questo potrebbe essere molto controverso - qualche freno maggiore a iniziare cause che sono frivole e portarle avanti soltanto con lo scopo di ritardare la sentenza. I costi di accesso alla giustizia non devono essere impeditivi, tutt’altro, ma portarli alla media europea potrebbe essere un’idea. Questo è quello che io e Alessandro De Nicola, Leonardo D’Urso e l’ex giudice del Tribunale di Torino Mario Barbuto abbiamo proposto in uno studio per l’Osservatorio Conti Pubblici Italiani dell’Università Cattolica. In quel documento veniva proposto anche l’aumento del contributo unificato per disincentivare il ricorso in giudizio e la resistenza temeraria. Ma così non si rischia di trasformare la giustizia in una roba solo per ricchi? La proposta era di adeguarlo alla media europea. Ed è per questo che bisogna vedere cosa si fa all’estero, per avere un criterio ragionevole. Siamo stati molto attaccati su questo aspetto, perché mediaticamente funziona meglio, ma la nostra proposta di basa su molto altro, come ad esempio l’introduzione di una cultura manageriale nella gestione dei tribunali, che credo sia la parte fondamentale.   (L'intervista integrale sull'edizione del 27 gennaio 2021 del quotidiano)