Qualcuno parla di una schedatura, qualcun altro di un normale controllo, simile ai tanti che l’Arma svolge quotidianamente. Certo è che la proiezione del film “Sulla mia pelle” a Siderno, in Calabria, si è trasformata in un caso. Perché, secondo quanto riportato da La Stampa, due carabinieri in divisa avrebbero chiesto l’elenco dei presenti alla proiezione della pellicola che racconta gli ultimi giorni di vita di Stefano Cucchi, morto in una stanza dell’ospedale Sandro Pertini di Roma, dove era ricoverato da quattro giorni, dopo essere stato arrestato e, secondo l’accusa, pestato violentemente da alcuni dei militari presenti in caserma.

Tutto accade una domenica d’ottobre, alla libreria “Calliope”, all’interno del Centro commerciale “La Gru”, nel cuore della Locride. Alla cassa si trova la titolare, Roberta Strangio. Tre file di scaffali la dividono dalla stanza dalle poltroncine rosse dove viene proiettato il film, alla presenza di un centinaio di persone, pronte a dibattere con la giornalista Maria Teresa D’Agostino sulle implicazioni sociali e morali di quanto appena visto. Tra la folla qualcuno riconosce qualche militare in borghese che, silenziosamente, assiste alla proiezione. Un particolare che, fino a ieri, non sembra avere alcuna importanza. Fuori, invece, due carabinieri in divisa si avvicinano a Roberta Strangio e si rivolgono a lei. «Mi hanno salutato e chiesto la lista dei partecipanti», conferma anche al Dubbio la titolare della libreria. Una richiesta che non si era mai sentita rivolgere prima, confida, e che la lascia un po’ spiazzata. Un elenco dei partecipanti non c’è e tutto finisce lì. I militari ringraziano e si allontanano dalla cassa, facendo capolino, di tanto in tanto, nella sala in cui il film intanto viene proiettato. Fino al giorno stesso del dibattito, il 21 ottobre, la locandina dell’evento porta il nome della sorella di Stefano tra i relatori in collegamento. «Ilaria Cucchi, per pressanti impegni relativi al processo - scrive poi poche ore prima Roberta Strangio sulla pagina Facebook dedicata all’evento -, non potrà oggi essere in collegamento con noi. Ci sarà l’intervento in videoconferenza di Irene Testa, co- fondatrice dell’Associazione Stefano Cucchi Onlus».

Come da programma, la proiezione inizia alle ore 17. Poi il dibattito su una vicenda emblematica - spiega la D’Agostino -, «paradigmatica di altre vicende simili in cui il potere, ad un certo punto, da struttura che dovrebbe proteggere si trasforma in strumento di violenza». Terminata la proiezione, parte il collegamento telefonico con Irene Testa e i carabinieri tornano da Roberta Strangio. «Credevano fosse Ilaria Cucchi e mi hanno chiesto come avessimo fatto a organizzare l’evento», spiega. Finita la telefonata, la discussione si accende, alcuni usano toni più critici, altri si limitano all’analisi fredda di una questione spinosa, molti sono commossi e la voce si rompe. Si discute e tutto procede nella massima tranquillità, senza che la presenza dei due uomini in divisa sollevi dubbi o perplessità tra i presenti. «Nessun atteggiamento strano da parte dei due carabinieri né da parte del pubblico», spiega Maria Teresa D’Agostino. Finisce il dibattito e tutti vanno via, compresi i militari. Che non chiedono altro a nessuno: né documenti, né ulteriori informazioni. Ma a luci spente cominciano a circolare le prime domande sulla loro presenza. La risposta della titolare è quella, secca, senza dietrologie: mi hanno chiesto l’elenco dei presenti. Nessuno ne vuole fare un caso nazionale, anche se sembra strano, ma la cosa sembra chiudersi lì. La voce però prende a circolare e arriva lontano, fino alle orecchie di un giornalista e, quindi, sulla carta stampata.

Il colonnello Gabriele De Pascalis, comandante del Gruppo di Locri, chiarisce a “La Stampa” che non c’è stata alcuna intenzione di censire i presenti: «I carabinieri erano lì per attività di routine e hanno interloquito con gli organizzatori per sapere se c’era qualcuno delle istituzioni o autorità, in un’ottica di ordine e sicurezza pubblica. A noi non interessa alcun elenco, soprattutto in una manifestazione che non aveva alcun rischio di ordine pubblico. Noi siamo sempre tra la gente e non vogliamo che l’accaduto venga strumentalizzato, specie in una vicenda triste e delicata come quella di Stefano Cucchi», spiega. Conferme che arrivano anche dal comando provinciale, dove il tutto si riduce ad una semplice attività di routine: l’intenzione, affermano, era quella di verificare la presenza di autorità o eventuali soggetti di interesse, in un posto - il centro commerciale - dove i controlli sono costanti e quotidiani per altre ragioni di interesse operativo. «Se ci fosse stato l’interesse di effettuare indagini su quell’evento - concludono -, non si sarebbero di certo presentati in divisa».