INIZIA LA LOTTA PER LA SUCCESSIONE A ROBERTI. CON UN OCCHIO ALLA SFIDA PER NAPOLI

Non è la scadenza più immediata che il Csm dovrà evadere. Ma la nomina del successore di Franco Roberti a procuratore nazionale Antimafia si annuncia così delicata da tenere già sulla corda Palazzo dei Marescialli, che conta di decidere nel giro di pochi mesi. L’attuale capo della Dna andrà in pensione a novembre, e la necessità di evitare che la Superprocura resti senza vertice è legata a un incrocio rischiosissimo: le nuove competenze sull’Antiterrorismo, che già da due anni la legge attribuisce alla Direzione Antimafia, e la possibilità che il prossimo esecutivo abbia una guida inedita, magari affidata ai cinquestelle, in un quadro in cui non sarebbero molti i ministri di grande esperienza. Proprio il fatto di coordinare le informazioni sulle inchieste e di doverlo fare anche sul terrorismo, attribuisce di fatto al procuratore Antimafia poteri e responsabilità persino superiori a quelli di un ministro. Sarà dunque difficile la scelta per il Consiglio superiore, al quale lo scorso 10 maggio sono pervenute le candidature di 8 magistrati. Tra questi, anche i tre pm rimasti in lizza per la Procura di Napoli: Giovanni Melillo, Federico Cafiero de Raho e Leonida Primicerio.

A NOVEMBRE ROBERTI VA IN PENSIONE. E TRA COMPETENZE SULL’ISIS E RISCHIO M5S L’EREDITÀ È DELICATISSIMA

Coordinare le Direzioni Antimafia di tutta Italia. Dare impulso e sostegno alle indagini più complesse. Ma non solo. Perché il capo della Dna, da due anni, è anche procuratore Antiterrorismo. E poi perché, soprattutto in virtù di quest’ultima novità, non può limitarsi a dirigere il pur articolato sistema inquirente predisposto per i due più gravi fenomeni criminali. Di fatto il capo della Superprocura non può considerarsi solo un magistrato. È una specie di superministro. Forse qualcosa di più. Ha un grande potere ma non solo di armonizzazione del lavoro altrui e di raccolta informazioni. A maggior ragione in materia di terrorismo, può e deve condividere quella informazioni anche con altri apparati dello Stato. E magari contribuire orientarne le scelte. E partecipare a dibattiti, suggerire soluzioni, nuove forme di contrasto. Di fatto è così, e in tempi di offensiva jihadista il compito non è solo gravoso: è quasi sovrumano.

SE AL CAPO DELLA DNA CAPITA UN PREMIER M5S

Tanto più se si considerano le incognite anche politiche che incombono sul prossimo futuro. Chi subentrerà a Franco Roberti, destinato ad andare in pensione a novembre, potrebbe trovarsi con un governo dalla guida inedita, cioè sostenuto dai cinquestelle. Non è una variabile da poco. Certo, le cose cambierebbero se fossero confermate quelle che per ora sono leggende: la candidatura, a capo di un esecutivo pentastellato, di un altro super- pm come Piercamillo Davigo. Ma se non fosse così, chi sarebbe davvero in grado di misurare l’enorme peso di responsabilità destinato a scaricarsi sul vertice della Procura Antimafia? Se a Palazzo Chigi e al Viminale non vi fossero figure sperimentate che ne sarà del superpotere che promana dagli uffici di via Giulia? Come si farà a gestirlo?

PARTITA DOPPIA AL CSM: NAPOLI E DNA

Al Csm sanno che la partita è delicatissima. E a breve dovranno pure metterci mano. Il termine di presentazione delle domande per gli aspiranti successori di Roberti è scaduto lo scor- so 10 maggio. Si sono candidati in 8. I nomi? Eccoli: l’attuale pg di Palermo Roberto Scarpinato, il procuratore di Siracusa Francesco Giordano, il pg di Milano Roberto Alfonso, il pg di Firenze Marcello Viola, l’aggiunto di Roma Michele Prestipino, e siamo a 5. Gli altri 3 hanno in comune almeno un’altra sfida, quella per guidare la Procura di Napoli: si tratta del pg di Salerno Leonida Primicerio, del capo della Procura di Reggio Calabria Federico Cafiero de Raho e di Giovanni Melillo, ex Capo di Gabinetto del guardasigilli Andrea Orlando e ora sostituto pg a Roma. E quella per l’ufficio partenopeo è la nomina più delicata attualmente al vaglio della quinta commissione, che al Consiglio superiore si occupa di incarichi direttivi e che è presieduta dal togato di “Area” Va- lerio Fracassi. La partita su Napoli è dunque il crocevia da cui potranno ricavarsi molte importanti indicazioni per la Superprocura Antimafia. Tra i consiglieri del Csm circola infatti con insistenza una voce, anzi un’ipotesi sussurrata ma che, per tanti motivi, ha i connotati dell’attendibilità: chi tra Giovanni Melillo e Federico Cafiero de Raho perdesse la contesa per l’ufficio partenopeo, vincerà quasi certamente quella per la Dna. Situazione singolare. Ma non così insensata: del roster in lizza per via Giulia, Melillo e de Raho sono i due nomi più in vista. Hanno entrambi un passato nella Procura di Napoli. Il che li rende favoriti rispetto al terzo incomodo per quest’ultimo incarico, ossia Primicerio. Ma visto che all’ombra del Vesuvio sia Melillo che de Raho hanno entrambi coordinato importanti indagini anticamorra, i loro requisiti per Napoli sono potenzialmente vincenti anche per via Giulia.

PRIMICERIO, DUE VOLTE OUTSIDER ( DI LUSSO)

Certo sarebbe imprudente pensare che davvero tutto si riduca a una questione a due tra l’ex capo di Gabinetto di via Arenula e l’attuale procuratore di Reggio. Anche gli altri sono nomi importanti. Innanzitutto quello dell’attuale pg di Palermo Scarpinato. Non solo una toga in prima linea in una città decisiva come il capoluogo siciliano, ma anche una figura che non si sottrae di fronte a battaglie extra giudiziarie, alle ipotesi di un «gioco grande» regolato da eminenze grigie sfuggenti e spietate, da lui avanzate un anno fa in un’intervista a Repubblica. E poi gli altri. Tutti magistrati di spessore. Ma certo quanto detto all’inizio sulle responsabilità extra- giurisdizionali che incombono sul successore di Roberti potrebbero suggerire un pronostico favorevole per Melillo. Che da Capo di Gabinetto della Giustizia, oltretutto, si è trovato spesso a coordinare i lavori di diverse importanti Procure, ad ascoltare i capi degli uffici, co- me avvenuto in vista delle nuove norme sui costi delle intercettazioni. Vorrebbe dire che allora de Raho è il nome perfetto per Napoli. In parte è vero. Potrebbe frenarlo, forse, il fatto di avere, proprio nel capoluogo campano, una moglie che fa il gip. E allora potrebbero invertirsi i destini con Melillo. Ma entrambi devono fare i conti con Primicerio.

Che alla Direzione nazionale Antimafia ha trascorso gli ultimi 6 anni prima di tornare nella “sua” Salerno. E che da pm semplice, negli anni Novanta, si era occupato di indagini anticamorra delicatissime. È semplicemente un rebus. A doverne esporre la pate relativa alla Dna sarà una consigliera donna, la laica Paola Balducci relatrice in quinta commissione della pratica sulla Superprocura. Lì, a Palazzo dei Marescialli, contano di presentare una proposta al plenum, magari unanime, entro settembre. Così da evitare che arrivi prima il congedo di Roberti e che a via Giulia debba restarci un facente funzioni. Visto il peso delle responsabilità, in tempi difficili come questo, non è la prospettiva ideale.