«I ricorrenti, trattati come oggetti per mano del potere pubblico, hanno vissuto durante tutta la durata della loro detenzione in un luogo “di non diritto” dove le garanzie più elementari erano state sospese». Così i giudici di Strasburgo definiscono, nella sentenza di condanna dell’Italia, la situazione vissuta da 48 persone alla caserma Bolzaneto. I togati evidenziano inoltre che «l’insieme dei fatti emersi dimostra che i membri della polizia presenti, gli agenti semplici, e per estensione, la catena di comando, hanno gravemente contravvenuto al loro dovere deontologico primario di proteggere le persone poste sotto la loro sorveglianza». La Corte, come nel caso di Asti, ha sottolineato che nessuno di loro ha passato un solo giorno di carcere, sia per il fatto che gli agenti non possedevano nessun codice identificativo e sia per «le lacune strutturali dell’ordine giuridico italiano» al tempo dei fatti. Fanno riferimento alla legge sul reato di tortura entrata in vigore solo a luglio scorso.

Si tratta della seconda condanna che la Corte europea ha emesso sui fatti del G8 del 2001. La prima è relativa alle violenze commesse alla scuola Diaz, edificio messo a disposizione dal comune di Genova per dare alloggio ai manifestanti. Alcune delle vittime erano poi le stesse che hanno fatto ricorso anche per le violenze commesse a Bolzaneto. Nei giorni del G8, secondo quanto ricostruito dal processo sulla base anche delle testimonianze di decine di vittime, oltre 300 persone vennero private della possibilità di incontrare i loro legali, umiliate, picchiate, minacciate. Tra le mura della caserma Bolzaneto risuonarono a più ripresa inni fascisti, molti dei ragazzi vennero costretti a rimanere immobili per ore, le donne subirono violenze fisiche e morali. Poi, nel 2013, la Cassazione aveva confermato le sette condanne e le quattro assoluzioni. I condannati avevano ricevuto una pena minima di un anno – tranne 3 anni per l’assistente capo di Pubblica sicurezza Luigi Pigozzi che divaricò le dita della mano di un detenuto fino a strappargli la carne – che non hanno scontato.