La Corte di Cassazione, con l’ordinanza numero 12105/2023, ha accolto il ricorso presentato dall’avvocato che si era visto liquidare dal giudice un compenso più basso rispetto alla cifra indicata nel preventivo sottoscritto dal cliente.

Secondo la Suprema Corte, il tribunale non ha fornito alcuna giustificazione valida per la decisione di considerare congruo il compenso pagato dal cliente, come denunciato dall’avvocato ricorrente. Inoltre, i preventivi accettati e firmati dalla cliente dovevano essere considerati validi e privi di valore probatorio, rendendo ingiustificata la decisione del giudice di liquidare un importo notevolmente inferiore a quello concordato.

La Corte ha sottolineato che il giudice di merito si è limitato a ritenere congrue le somme versate, senza fornire spiegazioni sulle ragioni che hanno portato a tale conclusione o sulla scelta di non considerare le difese presentate dalla ricorrente, sia per l’attività stragiudiziale che per l’attività giudiziale. Inoltre, non è stato stabilito se il preventivo avesse o meno il valore di un patto sul compenso, tale da escludere l’applicazione di altri criteri di liquidazione, come stabilito dagli articoli 2333, comma 1, c.c., Cass. 21235/2009, Cass. 17222/2011, Cass. 1900/2017 e Cass. 14293/2018.