L’inchiesta ha numeri imponenti: in tutto tra indagati e arrestati si contano 50 nomi. Il titolo scelto da Procura di Roma e Guardia di Finanza è tutto un programma: “Labirinto”. Le figure coinvolte sono di vario spessore: il nome che spicca più di tutti è quello di un cosiddetto faccendiere, Raffaele Pizza. Primato che vale però senza considerare terzi non indagati ma finiti nel tritacarne. Perché tra questi ultimi c’è addirittura il ministro dell’Interno Angelino Alfano. Del cui fratello, Alessandro, si legge nell’informativa delle Fiamme Gialle: «Pizza sostiene di aver facilitato, grazie ai suoi rapporti con l’ex amministratore Massimo Sarmi, l’assunzione del fratello del ministro in una società del Gruppo Poste». Si tratta di Alessandro Alfano, nominato nel 2013 dirigente di Postecom. In un’immancabile intercettazione, un collaboratore del ministro, Davide Tedesco, dice a Pizza: «Angelino lo considero una persona perbene un amico… se gli posso dare una mano… mi ha chiamato il fratello per farmi gli auguri…tu devi sapere che lui come massimo  (di stipendio, ndr)  poteva avere 170.000 euro… no… io gli ho fatto avere 160.000. Tant’è che Sarmi stesso gliel’ha detto ad Angelino: io ho tolto 10.000 euro d’accordo con Lino  (il soprannome di Pizza, ndr) ».Alfano è coinvolto in questo modo: cioè in qualità di non indagato. Una nuova figura del processo penale nella sua versione mediatica. Un deputato del suo partito, Ncd, è invece tra gli indagati: si tratta di Nino Marotta, ex consigliere del Csm, che a sua volta dice di voler tornare a Palazzo dei Marescialli «dove c’è il vero potere». Tutto questo alla vigilia dei primi voti in commissione Giustizia al Semnato sulla riforma del processo penale. Materia sulla quale il Nuovo centrodestra era pronto a dare battaglia. Del nesso tra la diffusione delle intercettazioni acquisite nell’ambito dell’inchiesta (e pubblicate ieri con ampiezza dal Corriere della Sera e da Repubblica) e le tensioni politiche sulla giustizia, parla lo stesso ministro dell’Interno: «Siamo di fronte al riuso politico degli scarti di un’inchiesta giudiziaria. Ciò che i magistrati hanno studiato, ritenendolo non idoneo a coinvolgermi in alcun modo, viene usato per fini esclusivamente politici. Le intercettazioni non riguardano me, bensì terze e quarte persone che parlano di me. Persone, peraltro, che non vedo e non sento da anni». Aggiunge Alfano: «Io rimango fermo a quanto valutato da chi l’inchiesta l’ha studiata e portata avanti e ha ritenuto di non coinvolgermi. Il resto appartiene al lungo capitolo dell’uso mediatico delle intercettazioni. Ma questo è un discorso ben noto a tutti, che si trascina da anni, diventando ormai una vera e propria telenovela legislativa».Una puntata sarebbe prevista appunto per oggi, quando Pd e centristi si confronteranno a Palazzo Madama sul voto degli emendamenti al ddl di riforma del processo penale. Provvedimento che contiene al proprio interno anche una delega sulle intercettazioni e un controverso riordino della prescrizione. Da oltre un anno l’Ncd è impegnato ad opporsi alle fughe in avanti di alcuni settori dei dem, che vorrebbero rendere praticamente eterni i processi per reati di corruzione. Tra i fautori di questa linea c’è il relatore del provvedimento, Felice Casson, che ha presentato emendamenti ispirati alla linea dell’Anm. Nelle ultime ore, il partito di Alfano aveva ribadito la propria indisponibilità ad assecondare le spinte giustizialiste che arrivano dal partito di Renzi. Con l’inchiesta, gli equilibri potrebbero cambiare e spingere il Pd ad accordarsi con i cinquestelle. Pur di allontanare il sospetto di intendersela con il partito puntualmente colpito dalle intercettazioni.L’inchiesta della Procura di Roma è coordinata da Paolo Ielo, aggiunto che proviene dall’esperienza del pool di Mani pulite come l’attuale presidente dell’Anm Piercamillo Davigo e il capo dei pm di Milano Francesco Greco. Nel giro di presunte tangenti e favori viene individuato un flusso finanziario illecito di 12,8 milioni. I beni sequestrati ammontano a un valore di 1,2 milioni di euro. Le accuse sono associazione per delinquere finalizzata alla frode fiscale, corruzione e riciclaggio, truffa ai danni dello Stato e appropriazione indebita. Ma l’unico nome forte dell’inchiesta è quello di un ministro, Alfano, che non deve rispondere di nulla.