Un po’ l’audizione di Cnf e Ocf dinanzi alla commissione Giustizia della Camera è l’anteprima di un dibattito più ampio sulla dignità della professione forense destinato a dispiegarsi sull’equo compenso. Nella mattinata che ieri ha visto la consigliera Cnf Giovanna Ollà e la componente dell’Ocf Rosanna Rovere fare un’esame puntuale del ddl sul patrocinio a spese dello Stato, si è partiti infatti da un architrave: «Il decoro, per il lavoro dell’avvocato, va preservato anche con una retribuzione che non sia mortificante», come ricorda Ollà all’inizio del suo intervento. E il rispetto della professione è legato anche «alla tempistica delle liquidazioni, che a regime attuale arrivano anche dopo due anni, spesso con quantificazioni irrisorie».

Un evidente richiamo alla concretezza del legislatore: tutelare le libere professioni, e innanzitutto una categoria del rilievo riconosciuto agli avvocati, è proposito da mettere in atto anche con misure semplici, accessibili, prima ancora che con interventi di sistema. Semplice qual è in fondo la ratio del ddl sul diritto alla difesa dei meno abbienti.

È partito da qui un confronto, tra rappresentanza forense da una parte e Parlamento dall’altra, che sembra dunque anticipare quello destinato a materializzarsi per le migliorie alla legge sui compensi professionali. Ma si è andati anche oltre, per almeno due motivi. Innanzitutto perché Ollà e Rovere hanno espresso il loro «favore» a un’altra proposta, ora abbinata al testo sul patrocinio a spese dello Stato: si tratta della legge con cui il responsabile Giustizia di Forza Italia Enrico Costa chiede che «chiunque venga assolto in modo pieno e con sentenza definitiva in un processo penale» ottenga «dallo Stato il rimborso delle spese sostenute per la sua difesa».

Un progetto che accoglie una modifica sollecitata proprio dal Cnf per la Manovra di due anni fa e sul quale il parlamentare azzurro auspica che «la maggioranza non ponga ostacoli». Ma il confronto fra avvocatura e politica andato ieri in scena davanti al deputato dem Franco Vazio, facente funzioni di presidente della commissione Giustizia, ha fatto emergere anche «la possibilità di estendere» una norma chiave del ddl Bonafede sul patrocinio a spese dello Stato: la possibilità di accedere al beneficio anche per le negoziazioni assistite» ora prevista «solo a condizione che siano obbligatorie e si concludano con esito favorevole» , ricorda Ollà.

Una limitazione da superare, «visto che l’obiettivo è risolvere per via stragiudiziale a una parte il più consistente possibile delle controversie». Non c’è motivo, secondo la conigliera Cnf, di «escludere le negoziazioni assistite non obbligatorie». Anche perché, come ricorda la componente dell’Organismo congressuale forense Rovere, «si deve guardare alla realtà, che nel caso del Foro da cui provengo, quello di Pordenone, vede per esempio un notevole carico per cause che non prevedono la negoziazione assistita obbligatoria quali quelle di separazione: il punto è che la negoziazione trova successo proprio in materie in cui non è obbligatoria, anziché quando è condizione di procedibilità».

Cnf e Ocf insistono particolarmente sul punto. E il caso, in tempo di legge di Bilancio, è emblematico. Perché, come due giorni fa ha fatto notare anche il presidente Vazio in un’intervista al Dubbio, se alcuni benefici sono esclusi dal ddl Bonafede perché comporterebbero costi per lo Stato, non si può sottovalutare come sia pur sempre lo Stato a dover sopportare i costi di una causa che poteva essere definita dagli avvocati senza coinvolgere il giudice. Snodo esemplare rispetto all’errore di aggravare la macchina pubblica nell’illusione di procurarle risparmi.

Riguardo alle soluzioni alternative delle controversie, Rovere ricorda tra l’altro l’opportunità di consentire il patrocinio a spese dello Stato anche per un istituto che entrerà in vigore a breve «quale l’esdebitazione, nelle procedure di composizione della crisi, del soggetto incapiente: modello destinato», nota la componente dell’Organismo congressuale forense, «ad avere ampia diffusione, vista la congiuntura economica ancora sfavorevole». Ollà spiega come «il ddl Bonafede sulla difesa dei meno abbienti tragga origine dalle proposte elaborate al tavolo del Cnf, a cui ha preso parte l’Ocf e che si è arricchito delle istanze presentate a ben due Congressi nazionali forensi dall’avvocatura di base».

Tra i contenuti qualificanti trasferiti nel testo governativo c’è l’estensione del patrocinio a spese dello Stato a prescindere dai limiti di reddito per alcune gravi fattispecie come i maltrattamenti in famiglia e la violazione degli obblighi di assistenza: «Sarebbe opportuno», nota la consigliera Cnf, «sottrarre tale previsione alla discrezionalità del giudice, prevista invece dal testo attuale».

Nel capitolo relativo all’entità delle liquidazioni «si può riconsiderare anche il rinvio al valore medio previsto dal decreto sui parametri forensi: un vincolo problematico perché il giudice che fissa il compenso rischia di non poter tenere conto della natura dell’impegno professionale anche rispetto alla posizione dell’assistito». Ed è poi l’avvocata Rovere a segnalare un altro paio di squilibri, «forse viziati persino da incostituzionalità: quello determinato dall’esclusione delle mediazioni, stabilita dal ddl senza tener conto che tali soluzioni non sono previste in casi in cui la via stragiudiziale è obbligatoria, come per il recupero di crediti sotto i 50mila euro» ; e quella che «prevede compensi inferiori per il penale rispetto al civile, davvero impossibile da spiegare».