È stato siglato ieri mattina a Palazzo dei Marescialli un duplice protocollo d’intesa relativo ai giudizi di appello fra il Consiglio nazionale forense e il Consiglio superiore della magistratura.

«Un passo molto in avanti», ha rilvato il vice presidente del Csm Giovanni Legnini, che si inserisce nel quadro «collaborativo che ha contraddistinto l’attività del Consiglio in questi anni». Secondo il presidente del Cnf Andrea Mascherin, «in tal modo non vengono sacrificate, ma messe in equilibrio, le prerogative della difesa».

L’intesa trae origine da uno studio sui dati statistici che ha rivelato come la fase dell’impugnazione sia quella in cui si accumulano maggiori ritardi nella definizione del processo. Di qui l’opportunità di introdurre strumenti organizzativi condivisi per migliorare il giudizio di appello. Il protocollo nel settore civile suggerisce ai difensori uno schema di redazione dell’atto d’appello che si compone di un indice generale, quindi di prospetti sintetici relativi a ciascun motivo di gravame, della numerazione e titolazione dei paragrafi ma anche dei documenti allegati. Infine si introduce una distinzione grafica e di spaziatura tra testo dell’atto e richiami extra testuali.

Si prosegue con la proposta di uno schema di provvedimento per la redazione delle sentenze di primo grado che opererà anche per la sentenza di appello con l’aggiunta delle specificità del- l’impugnazione.

La motivazione della sentenza si articolerà a partire dall’elencazione dei motivi di appello, quindi le argomentazioni svolte dai difensori, per poi passare alla motivazione specifica per ciascuno dei motivi di gravame. Da ultimo la parte relativa alla regolamentazione delle spese e all’eventuale assorbimento di domande non accolte nonché dei presupposti per il pagamento del doppio contributo unificato.

Per il consigliere del Cnf Andrea Pasqualin che ha curato il protocollo sul civile si tratta di «un momento importante di lavoro condiviso. Lo scrutinio preliminare del fascicolo processuale non preclude un pieno contraddittorio che rimane garantito dalla facoltà di deposito di una memoria aggiuntiva. Per ogni tipologia di causa va individuato il percorso più adeguato».

In ambito penale il protocollo, coordinato dal consigliere del Cnf Stefano Savi, suggerisce l’adozione di un modello di sentenza articolata in alcune parti con le scansioni fondamentali del processo. Quanto alla struttura degli atti difensivi si focalizza l’attenzione nel rispetto dell’effettività del contraddittorio. Il protocollo non vuole entrare nel merito delle scelte difensive, tuttavia auspica l’adozione di criteri di redazione degli atti che ne consentano una maggiore fruibilità di lettura finalizzata ad un più efficiente raccordo fra atti e decisione.

I protocolli saranno divulgati nei distretti di Corte di Appello e tengono conto delle linee guida già promosse dal Csm nei mesi scorsi dalla Settima commissione, presieduta dai togati, prima, Claudio Galoppi, quindi, Nicola Clivio.

Un altro protocollo, avente ad nomina dei difensori d’ufficio per i giudizi di legittimità in materia penale, è stato poi firmato nel pomeriggio a piazza Cavour fra il primo presidente della Corte di Cassazione Giovanni Mammone e il presidente Mascherin. Questo protocollo, per il settore penale, si occupa del servizio di cooperazione applicativa tra il sistema informativo automatizzato della Cassazione e la piattaforma informativa del Cnf al fine della nomina dei difensori d’ufficio.

Il servizio viene erogato dal Cnf in risposta ad un messaggio di richiesta proveniente dal sistema informativo della Cassazione e fornisce il nominativo del difensore scelto dall’elenco degli avvocati disponibili ad assumere le difese d’ufficio. Dal canto suo la Corte di Cassazione si impegna a comunicare, a domanda del Cnf, se gli avvocati indicati per la difesa d’ufficio abbiano partecipato alle udienze fissate in relazione ai procedimenti per i quale sono stati designati.