Non basterà una circolare: ci vorrà un dpcm del premier Conte, per riportare i cancellieri in tribunale. A ricordarlo è la lettera rivolta dall’Ordine degli avvocati di Torino al guardasigilli Bonafede e alla ministra della Pa Dadone ( di cui si dà conto in altro servizio, ndr). Proprio la associazione più rappresentativa degli stessi cancellieri, l’Adgi, preconizza addirittura la necessità di un decreto legge. Non si dovrebbe arrivare a tanto. Ma, come dire, non è ancora fatta. Sembrava così, grazie all’emendamento al dl Intercettazioni che ha fissato al 30 giugno la fine del lockdown dei diritti, e che è stato approvato giovedì pomeriggio. Nelle ultime ore il dipartimento Organizzazione giudiziaria di via Arenula, a quanto si apprende, avrebbe già definito il regolamento, sotto forma di circolare appunto, per rimodulare il lavoro del personale della Giustizia. Così il ministero guidato da Bonafede intende farsi trovare pronto alla data del 30. Ma si dovrà applicare fino in fondo la disciplina tuttora vigente, inserita nel decreto Cura Italia all’articolo 87, secondo cui «fino alla cessazione dello stato di emergenza da covid, ovvero fino a una data antecedente stabilita con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione, il lavoro agile è la modalità ordinaria di svolgimento della prestazione lavorativa nelle pubbliche amministrazioni». Se si vuole una “data antecedente” a quella attualmente prevista per la fine dello stato d’emergenza, che com’è noto è il 31 luglio, seve un dpcm, c’è poco da fare.

L’emendamento di Andrea Ostellari ( Lega) e Alberto Balboni ( Fratelli d’Italia) approvato giovedì in commissione Giustizia al Senato nella conversione del dl Intercettazioni ha anticipato dal 31 luglio al 30 giugno la fine della fase 2, in cui i Tribunali possono continuare a rinviare quasi tutte le udienze. Ma consentire, dal 1° luglio, lo svolgimento dell’attività in Aula potrebbe essere completamente inutile, se i palazzi di giustizia fossero un deserto interrotto qua e là da qualche sparuto cancelliere.

Il ministro Bonafede e i due sottosegretari alla Giustizia, Giorgis e Ferraresi, hanno anche valutato una riduzione di almeno una settimana della sospensione feriale del mese di agosto. Ipotesi da approfondire nelle prossime ore. Altro lavoro per via Arenula, dopo quello svolto sul dl Intercettazioni a Palazzo Madama, a partire dalle proposte dell’opposizione di centrodestra. La capogruppo m5s in commissione Grazia D’Angelo ha riconosciuto come si sia «stabilito che la fase 2 nei tribunali si concluda il 30 giugno» dopo «un confronto in commissione e con il parere favorevole del governo». Va detto che su alcuni profili del provvedimento c’è stata tensione. Forza Italia ha lasciato i lavori e dato appuntamento a tutti per martedì prossimo, quando inizierà la discussione in Aula ( voto previsto per mercoledì) per aver «registrato la pregiudiziale posizione della maggioranza nel non considerare emendamenti dell’opposizione, anche quando formulati per una migliore tecnica del decreto legge». Ad esempio rispetto alla necessità di «garantire la partecipazione della difesa al procedimento introdotto davanti ad un magistrato di Sorveglianza». Un passaggio in cui il senatore Caliendo è convinto si sia creato un pasticcio, col rischio di decadenza della revoca dei domiciliari «ove l’esame del Tribunale non intervenga in 30 giorni». Secondo la relatrice 5Stelle Bruna Piarulli, in realtà, si è rafforzata «la procedura prevista per la concessione degli arresti domiciliari». E certamente si è esteso «l’uso dei droni alle attività della Polizia Penitenziaria». In tal modo, secondo la senatrice, sarà possibile «migliorare la sicurezza e la sorveglianza nelle carceri». Ancora, la stessa Piarulli e il relatore dem Franco Mirabelli precisano di aver limitato, con un’altra modifica, al solo «garante nazionale» la possibilità di «avere colloqui riservati con i detenuti al 41 bis».

Insomma, la giustizia torna materia incandescente, persino nei dettagli della sua legislazione. Tra i quali, almeno, il vicepresidente della commissione Mattia Crucioli, anche lui del Movimento 5 Stelle, ha voluto prevedere con un ulteriore emendamento che, quando si deve modificare la disciplina del processo amministrativo telematico con decreto del presidente del Consiglio di Stato, gli interlocutori da sentire, oltre a Palazzo Chigi, sono «il Consiglio nazionale forense, il Consiglio di presidenza della Giustizia amministrativa» e «le associazioni specialistiche maggiormente rappresentative». Anche l’Unaa e la Siaa, dunque. Almeno in questo caso, si è fatta certamente chiarezza.