Il licenziamento del personale del pubblico impiego non è disciplinato dalla 'legge Fornero', bensì dall'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. Lo afferma la Corte di Cassazione, "all'esito di una approfondita e condivisa riflessione", con la sentenza n. 11868 della Sezione Lavoro.Sul tema, il governo è sempre stato dell'avviso che la legge Fornero non abbia toccato le garanzie dei lavoratori pubblici. Per i dipendenti dello stato - come conferma oggi la Cassazione - la garanzia del reintegro in caso di licenziamento senza giusta causa rimane intatta. Tale trattamento diverso rispetto ai lavoratori privati si giustifica, infatti, in base alla diversa natura del datore di lavoro.Al fine di chiudere future possibili diverse interpretazioni, il governo probabilmente interverrà anche con una norma ad hoc, che chiarisca una vota per tutte l'esclusione dei dipendenti pubblici dalle nuove leggi sul lavoro.L'INTERPRETAZIONE DELLA CASSAZIONE«Ai rapporti di lavoro disciplinati dal dal d.lgs 30.3.2001 n.165, art.2, non si applicano le modifiche apportate dalla legge 28.6.2012 n.92 all’art.18 della legge 20.5.1970 n.300, per cui la tutela del dipendente pubblico in caso di licenziamento illegittimo intimato in data successiva all’entrata in vigore della richiamata legge n.92 del 2012 resta quella prevista dall’art.18 della legge n.300 del 1970 nel testo antecedente alla riforma», ha scritto la Suprema corte nella sentenza 11868 depositata oggi, accogliendo il ricorso del ministero delle Infrastrutture contro un funzionario licenziato perché faceva il doppio lavoro al quale. La Corte d’appello di Roma aveva riconosciuto 6 mesi di indennità risarcitoria, come prevede la legge Fornero nel caso di licenziamenti «legittimi» ma con violazione delle procedure di contestazione disciplinare. Ora il caso torna alla Corte d’appello di Roma.