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Si incrociano i casi Open Arms e Gregoretti anche nell’udienza di oggi a Catania, dove l’ex ministro dell’Interno Matteo Salvini risponde di sequestro di persona per il mancato sbarco dei migranti dalla nave Gregoretti. La legale del politico, l’avvocato Giulia Bongiorno, incalza l’allora ministro ai Trasporti, Danilo Toninelli, scontrandosi in parte con i suoi "non ricordo". E parte proprio da Open Arms. «Lei ricorda - è la domanda - di avere firmato questo divieto di ingresso di transito e sosta che poi viene annullato dal Tar, ricorda? C’è anche la sua firma su su questo episodio, la può riconoscere la sua firma? Anche in merito alla sua apertura solo per i minori... ricorda?». Non ricordo, è passato tanto tempo...», è la risposta dell’esponente del M5s. Ma l’avvocato - come viene fuori dalla piccola e temporanea finestra lasciata aperta ai giornalisti dal giudice - ricorda un post pubblicato da Toninelli, che a giudizio della Bongiorno è la conferma di una condivisione e compattezza nelle scelte da parte del governo; che insomma Salvini non decise da solo. «La linea del governo era di fare interessare gli altri Stati europei al collocamento dei migranti. Ma ogni sbarco era un caso a parte», ha detto l’ex ministro dei Trasporti, Danilo Toninelli, nell’aula bunker di Catania, rispondendo quale teste al legale di Matteo Salvini, l’avvocato, Giulia Bongiorno. «È in corso un tentativo di addossare su di me, sul ministro ai Trasporti, una scelta, che è solo del ministro dell’Interno. È stabilito dalle norme che per l’assegnazione del porto sicuro c’è un mandato unico al ministro dell’Interno che è il responsabile. Stiamo assistendo, invece, al tentativo di scaricare tutto sul ministero dei Trasporti, da parte di un uomo che diceva di difendere i confini italiani, che era l’uomo forte al governo», ha detto ai giornalisti l’ex ministro dei Trasporti. «Ci sono le leggi nazionali e internazionali - ha aggiunto - che spiegano che l’assistenza in mare spetta al ministero dei Trasporti, ma l’assegnazione del porto per lo sbarco è responsabilità unica al Viminale». Dopo l’ex ministro ai Trasporti, Danilo Toninelli, è stata sentita come teste anche l’ex ministra alla Difesa Elisabetta Trenta che ha lasciato intorno alle 13 l’aula bunker senza fare dichiarazioni alla stampa. Nelle prossime Settimane saranno sentiti anche il premier Giuseppe Conte e i ministri Luigi Di Maio e Luciana Lamorgese. Il premier Giuseppe Conte ha chiesto infatti giorni fa l’applicazione del secondo capo dell’articolo 205 del Codice di procedura penale che, per in relazione al ruolo, contempla la possibilità di essere esaminati nella sede in cui esercitano il loro ufficio, al fine di garantire la continuità e la regolarità della funzione cui sono preposti. Il giudice deciderà quando sarà ascoltato a Roma. È presente Salvini che ha detto giornalisti che interverrà in aula. All’esterno dell’edificio blindato numerosi giornalisti, con la massiccia presenza di forze dell’ordine. «Sono sereno, tranquillo e orgoglioso», ha detto Matteo Salvini al suo arrivo. L'ex ministro dell'interno è accompagnato dalla sua legale Giulia Bongiorno, arrivata con un trolley pieno di carte. C’è «la prova che la linea del» prima i ricollocamenti poi lo sbarco «era pienamente condivisa da tutto il governo Conte 1 e dunque la decisione di bloccare a bordo della nave Gregoretti per una settimana 131 migranti soccorsi a luglio 2019 nel Mediterraneo non sarebbe stato un abuso di potere di Matteo Salvini». La prova, trovata dall’avvocato Giulia Bongiorno, è in un video di un minuto e 52 oggi pubblicato sul sito di Repubblica. Un estratto della conferenza stampa di fine anno del 2019 in cui il premier Conte dice che «da una prima ricognizione emerge il coinvolgimento della presidenza del consiglio, come sempre, d’intesa con il ministero degli esteri, nel richiedere i ricollocamenti per consentire poi lo sbarco». Con ogni probabilità la difesa di Salvini chiederà di ammettere il video in una delle prossime udienze. «Il video in cui il premier Giuseppe Conte parla del governo e del ruolo dell’esecutivo nella decisione sugli sbarchi in Italia di migranti come idea condivisa è nella memoria difensiva già depositata agli atti del procedimento», ha detto l’avvocato Giulia Bongiorno difensore di Matteo Salvini entrando in aula bunker del carcere Bicocca. «Interverrò in aula riportando alcuni dati del mio ministero. Abbiamo salvato vite e protetto un Paese, quello che non è accaduto dopo perché dopo di me ci sono stati morti annegati diritti negati. Mi dispiace solo di dovere far perdere tempo a giudici, avvocati, forze dell’ordine in un’aula bunker che solitamente è impiegata per processo di mafia. Io sono un cittadino italiano rispettoso di quello che la giustizia mi chiede per rispondere di quello che avevo promesso agli italiani di fare. Bloccare il traffico di esseri umani e il business dell’immigrazione clandestina senza fare male a nessuno. Sono curioso di sentire cosa diranno in aula Conte, Di Maio, Toninelli e gli altri ministri che con me condividevano questa linea», ha detto Matteo Salvini, davanti all’aula bunker del carcere Bicocca a Catania. «Abbiamo dimezzato il numero dei morti, dei dispersi, dei feriti, abbiamo salvato vite e protetto un paese, a differenza di quanto accaduto dopo», ha aggiunto. «Perché dopo di me ci sono stati morti, annegati, ci sono stati diritti negati - dice - arrivare in Italia è un diritto che richiede il rispetto di alcune regole, come in tutti gli atri paesi del mondo. Mi dispiace solo impegnare giudici, avvocati, agenti». «Siamo in un’aula bunker che di solito ospita processi di mafia. Io sono in quest’aula e come tutti i cittadini italiani rispettoso di quello che la giustizia mi chiede, per rispondere di quello che avevo promesso di fare agli italiani, cioè combattere gli scafisti, il business dell’immigrazione clandestina, senza fare male a nessuno». Il processo L’ex ministro dell’Interno, torna nel capoluogo etneo, a distanza di oltre due mesi, dove rischia di finire giudicato per "sequestro di persona e abuso in atti di ufficio": una decisione che il Gup Nunzio Sarpietro, dovrà prendere dopo la richiesta di giudizio fatta dal Tribunale dei ministri di Catania, richiesta che ha ottenuto il via libera del Senato lo scorso 12 febbraio. Anche ieri, alla vigilia del nuovo incontro con i magistrati, Salvini ha parlato di un processo assurdo: «Vengo processato e rischio più anni di carcere di uno stupratore e di un assassino. Però voglio credere nella giustizia italiana». Il 3 ottobre scorso, al temine di una tre giorni - definita la Pontida del Sud - con i parlamentari della Lega che avevano scortato il leader fin alle porte del tribunale, era stato Sarpietro a aggiornare il tutto, rinviando la seduta, stavolta nell’aula-bunker del carcere Bicocca. Un rinvio motivato dal fatto di voler sentire anche gli altri membri del governo gialloverde: Conte, Di Maio, Toninelli e Trenta, alleati di Salvini, mentre alla Gregoretti veniva imposto lo stop in mare, nell’estate del 2019, alla vigilia del Papeete. «Vediamo cosa diranno i ministri chiamati dal giudice, io non li ho citati, perché non credo ci sia stata nessuna colpa», aveva detto lo stesso Salvini, commentando a caldo l’invito a comparire rivolto agli altri partner di governo, a partire da Conte e Di Maio. «Non sarò più da solo», aveva aggiunto sornione, non prima di avere sottolineato di voler continuare a rifiutarsi di dire che "sono colpevoli anche loro"». L’accusa formulata nei confronti del leader leghista è quella di aver «abusato dei suoi poteri privando della libertà personale 131 migranti a bordo dell’unità navale Gregoretti della guardia costiera italiana dalle 00:35 del 27 luglio 2019 fino al pomeriggio del 31 luglio», quando fu disposta l’autorizzazione allo sbarco nel porto di Augusta, nell’ambito di un accordo per la distribuzione dei migranti in altri cinque paesi Ue. Sul caso Gregoretti la Procura etnea, guidata da Carmelo Zuccaro, si era già pronunciata per l’archiviazione, ritenendo che «l’attesa di 3 giorni per uno sbarco» non possa «considerarsi un’illegittima privazione della libertà» dei migranti a bordo della nave. Inoltre, per gli inquirenti sulla nave vennero «garantiti assistenza medica, viveri e beni di prima necessità» e «lo sbarco immediato di malati e minorenni», come ribadito dallo stesso Salvini nella sua memoria difensiva, depositata a Catania a settembre scorso. Al contrario, il Tribunale dei ministri, chiedendo invece il processo, sottolineò come Salvini fosse stato responsabile di aver «determinato consapevolmente l’illegittima privazione della libertà personale» dei migranti, «costretti a rimanere in condizioni psicofisiche critiche» a bordo. I tre giudici per i reati ministeriali hanno inoltre sostenuto come «non vi fossero ragioni tecniche ostative all’autorizzazione allo sbarco», aggiungendo che «le persone soccorse potevano tempestivamente essere sbarcate e avviate all’hot spot di prima accoglienza per l’identificazione, salvo poi essere smistate secondo gli accordi eventualmente raggiunti a livello europeo». Accordi a livello Ue su cui insiste anche la difesa di Salvini, con concetti ribaditi nella memoria difensiva, in quello che sembra uno dei nodi dirimenti della vicenda. Di fronte a una strategia politica, voluta da Salvini (e dal governo di allora), con l’obiettivo di spingere i paesi Ue a intervenire per la ricollocazione dei migranti, l’atto di trattenerli a mare, secondo lo stesso Salvini era esclusivamente finalizzato al risultato politico. Al punto da dire che «la permanenza a bordo» era «funzionale solo a consentire la conclusione della procedura di redistribuzione» in Europa dei migranti. Altro nodo, ancora, quello sui motivi di ordine pubblico, che avrebbero determinato lo stop allo sbarco in Sicilia. Per l’accusa i migranti non rappresentavano una minaccia in tal senso («non ci sono informazioni sulla possibile presenza, tra i soggetti soccorsi, di persone pericolose per la sicurezza e l’ordine pubblico nazionale»). Tema su cui Salvini ha tirato fuori, nell’ultima memoria, una nuova prova, parlando di un «Gps per l’orientamento in mare che dopo il salvataggio fu trovato uno zainetto» a dimostrazione di «una probabile presenza a bordo, tra i migranti, degli scafisti responsabili del traffico». «Due scafisti - conclude la difesa di Salvini - che furono poi identificati e fermati». Salvini ribadisce più volte che «non ci fu alcun sequestro di persona, non essendosi verificata alcuna illecita privazione della libertà personale nei giorni in cui i migranti rimasero a bordo della Gregoretti, in attesa dell’organizzazione del loro trasferimento presso la destinazione finale». «A tutte le persone a bordo della nave furono garantite cure e assistenza adeguate al caso di specie, nonché un continuo controllo delle condizioni di salute», ricorda l’ex titolare del Viminale. Nella linea difensiva, infine, nessuna chiamata in correo di Conte, al di là della condivisa - secondo Salvini - responsabilità politica dell’allora presidente del Consiglio. Nonostante il nome di Conte sia citato più volte nella memoria, la chiamata in causa del premier non ci sarà: «Perché - ribadisce nelle piazze girate in questi giorni lo stesso Salvini - il fatto non sussiste, ci sono norme precise per mettere in salvo i naufraghi e nessuno di noi li lasciò in balia delle onde». Ma poi è stato il Gup a chiedere di sentire gli altri membri del governo.