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Domani la Cassazione potrebbe decidere in maniera definitiva il destino di Antonio Ciontoli e della sua famiglia, ad un anno e una settimana dalla sentenza di appello che ha condannato l’uomo a 5 anni di reclusione per l’omicidio colposo con l'aggravante della colpa cosciente del giovane Marco Vannini, e a 3 anni per omicidio colposo sua moglie Maria Pezzillo e i figli Martina e Federico. Stamattina gli ermellini decideranno se confermare la decisione di secondo grado, oppure accettare o rigettare i ricorsi presentati dalla procura generale, dalla difesa e dalle parti civili. L’accusa chiede l’omicidio volontario per tutta la famiglia mentre gli avvocati difensori Andrea Miroli, Pietro Messina, Domenico Ciruzzi ritengono che la qualificazione giuridica attribuita dalla Corte d’Assise d’Appello di Roma alla condotta di Antonio Ciontoli debba essere derubricata nell’ipotesi della colpa semplice e che anche ai familiari sia stata attribuito un titolo di responsabilità insussistente. La tragedia che ci porta oggi a piazza Cavour inizia la sera del tragico 18 maggio 2015: Antonio Ciontoli aveva una pistola tra le mani. Scherzava. Di fronte a lui c’era il fidanzato di sua figlia Martina, Marco Vannini, 20 anni, che quel giorno era ospite a casa dei Ciontoli a Ladispoli. Antonio rigirava la pistola nelle sue mani, dicono le ricostruzioni, non si era accorto che era carica e partì un colpo. Sarà mortale per Marco, colpito al braccio e trapassato nel cuore. Da quella notte la vita di due famiglie è stata irrimediabilmente distrutta. Il caso è stato al centro di moltissime trasmissioni televisive, la maggior parte colpevoliste: si è emessa una sentenza prima ancora del dibattimento in aula. Lo stesso è accaduto anche sui social dove tutta la famiglia Ciontoli è stata presa di mira da numerosi leoni da tastiera e minacciata di morte. Il copione è quello tipico del processo mediatico. Noi siamo stati i primi a raccogliere invece la testimonianza di Antonio Ciontoli, senza sostituirsi ai giudici, senza emettere una sentenza sui drammatici fatti di quella notte, senza immedesimarsi con i sentimenti di due genitori – Marina e Valerio – che hanno perso il loro unico figlio così prematuramente, e intorno ai quali moltissime persone si stringeranno stamattina davanti la Cassazione. A noi l’uomo disse: “Io non avrei mai pensato che Marco fosse in pericolo di vita perché per me il proiettile era nel braccio. I miei comportamenti successivi sono stati solo ed esclusivamente dovuti a questa consapevolezza, ossia che nulla stesse accadendo e che sarei riuscito a gestirla, sbagliando. Sono vittima del mio errore, e ho distrutto la vita di tante persone”.