Rinnovata per altri quattro anni la Carta dei diritti dei figli dei genitori detenuti. Il protocollo dintesa tra il ministero della Giustizia, lAgia e Bambinisenzasbarre Onlus è stato firmato dalla ministra Marta Cartabia, dallAutorità garante per linfanzia e ladolescenza Carla Garlatti e dalla presidente dellassociazione Lia Sacerdote, nella sede del Dicastero di via Arenula. La Carta, prima nel suo genere in Italia e in Europa, riconosce il diritto dei minorenni alla continuità del legame affettivo con i genitori detenuti e mira a sostenerne il diritto alla genitorialità. Il protocollo prevede che le autorità giudiziarie siano sensibilizzate e invitate ad una serie di azioni a tutela dei diritti dei figli minorenni di persone detenute. Solo nel 2021, fino al 30 novembre, sono stati 280.675 i colloqui tra detenuti e almeno un familiare minorenne. Con laccordo si intendono promuovere iniziative in materia di custodia cautelare, di luoghi di detenzione, di spazi bambini nelle sale dattesa e di colloquio, di visite in giorni compatibili con la frequenza scolastica, di videochiamate, di formazione del personale carcerario che entra in contatto con i piccini, di informazioni, assistenza e supporto alla genitorialità. Prevista anche una raccolta dati e un monitoraggio sullattuazione del protocollo. La Carta dei diritti dei figli dei genitori detenuti contiene inoltre una serie di misure a tutela dei diritti dei bambini costretti a vivere in una struttura detentiva con le madri. A oggi sono 19 i bambini piccolissimi al seguito di 17 madri detenute, a fine 2019 questi numeri erano più del doppio (44 le madri e 48 i minori presenti negli istituti di pena). Proprio laltro ieri una madre con un figlio è uscita dallIcam di Torino. «La nostra meta è mai più bambini in carcere. Tutti i bambini, anche se con genitori detenuti, hanno diritto allinfanzia», commenta la ministra della Giustizia, Marta Cartabia. «Anche con questa Carta, lavoriamo perché i bambini innocenti per definizione - non paghino le pene inflitte alle madri. Contemporaneamente, lavoriamo perché si riduca il più possibile quella distanza dagli affetti provocata dalla detenzione. Tutti i figli hanno il diritto di conservare un rapporto costante con i genitori, anche se reclusi. Assicurare la continuità dei legami familiari incide inoltre positivamente sul detenuto, nella prospettiva costituzionale della pena volta alla rieducazione. Lavoriamo per carceri, che aiutino a dare una seconda occasione», ha detto la Guardasigilli. «Laddove sia nel suo interesse, il bambino ha diritto a coltivare il legame con entrambi i genitori, anche quando uno dei due è detenuto. Ciò deve avvenire in condizioni e con modalità che non siano traumatizzanti e in spazi che favoriscano un rapporto autentico», commenta lAutorità garante Carla Garlatti. «È fondamentale sostenere le relazioni genitoriali e familiari durante e oltre la detenzione, dando supporto ai figli minorenni che vengono colpiti nel loro benessere complessivo, con ricadute sulla salute psicofisica e sulla continuità del percorso scolastico. La Carta impegna il sistema penitenziario italiano a confrontarsi con la presenza dei bambini in carcere e con il peso che la detenzione del proprio genitore comporta nel rispetto dei diritti dellinfanzia e delladolescenza». Aggiunge la Presidente di Bambinisenzasbarre Lia Sarcedote: «La Carta che è stata rinnovata oggi nasce da un lungo percorso iniziato dieci anni fa e rappresenta lo strumento che può cambiare la vita dei ragazzi che Bambinisenzasbarre segue da ventanni». Sottolinea: «Sono i ragazzi che hanno uno ed entrambi i genitori in carcere che vivono il peso dello stigma sociale per questa condizione di figlio, il cui destino altri vedono come già scritto. La Carta libera questi bambini dallesclusione, e dal facile buonismo, che toglie dignità alle scelte che la vita può loro proporre, a cui devono poter accedere con la consapevolezza e la forza di rappresentare una promessa per sé stessi e per tutta la società». Infine Lia Sacerdote conclude: «La Carta italiana è diventata modello per la prima Raccomandazione dei 47 Paesi del Consiglio dEuropa nellaprile del 2018, anticipando un percorso che gli altri paesi europei, e non solo, stanno ora affrontando».