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«Permettetemi di precisare due aspetti che sono stati oscurati dal dibattito convulso di questi giorni. Primo: quella che attualmente è all’esame del Parlamento è una riforma approvata dall’intero governo dopo mesi di dialoghi, di confronti a 360 gradi e di lunghe e pazienti trattative e mediazioni a cui hanno partecipato e dato il loro contributo tutti i protagonisti politici della maggioranza, nessuno escluso. E tutti lo hanno approvato nel Consiglio dei Ministri, fatti salvi i necessari aggiustamenti tecnici». A metterlo in chiaro è la ministra della Giustizia, Marta Cartabia, intervenendo al convegno «Efficienza, celerità, qualità. Gli obiettivi della riforma dell’Ufficio per il processo», promosso dalla Corte d’Appello di Firenze e dall’Università degli Studi di Firenze, che si è svolto questa mattina al Palazzo di Giustizia. Mentre si svolge l'incontro tra il presidente del consiglio Mario Draghi e l'ex premier Giuseppe Conte che proverà a portare a casa per conto dei 5Stelle modifiche sostanziali alla riforma della giustizia votata in cdm, Cartabia chiarisce: «Il testo approvato non coincide con la proposta originaria. Se proprio dobbiamo ricorrere a degli slogan, più che di "riforma Cartabia" potremmo parlare di "mediazione Cartabia" ed è frutto di una responsabilità condivisa. Ciascuno dei partiti della maggioranza ha dato il suo contributo. Ciascuno ha adeguato la sua posizione dove necessario. Tutti hanno contribuito e tutti hanno rinunciato a qualcosa, per portare a termine una riforma che è indispensabile anche per gli impegni assunti in Europa». «In secondo luogo - precisa la ministra - è ovvio che la riduzione dei tempi dei processi non può dipendere solo dalle riforme del rito, penale o civile, né tantomeno dalle regole che governano l’improcedibilità. Ci vogliono risorse e capacità organizzativa. Sappiamo bene che ci sono alcune Corti di appello che hanno tempi di decisione superiori ai due anni, ma 19 su 29 già rispettano i tempi previsti, solo 7 sono le situazioni critiche». Secondo Cartabia, «dove ci sono difficoltà occorrerà intervenire con maggiore intensità con risorse e interventi di organizzazione» e «per questo sto visitando, una ad una, tutte le sedi. Per capire i problemi e mettere i dirigenti in condizioni di risolverli. Riforma, risorse (anche informatiche) e organizzazione devono procedere simultaneamente». «C’è un nesso strettissimo tra una giustizia efficace e la prosperità sociale. Per questo il piano di resilienza europeo chiede imperiosamente interventi di riforma della giustizia», prosegue Cartabia. «Garantire efficienza, celerità e qualità della giustizia - aggiunge - è l’obiettivo delle riforme a cui da quattro mesi stiamo intensamente lavorando, accompagnandole con una grande mobilitazione di risorse e con interventi sul piano». «Qualche giorno fa, in una missione in Francia, molti operatori economici mi confermavano come le incertezze, la frammentazione burocratica e le lungaggini del nostro Paese, anche nel settore della giustizia, sono tra le ragioni che allontanano gli investimenti - spiega Cartabia - Ora abbiamo l’occasione di invertire la rotta. Non a caso, proprio la riforma della Giustizia, insieme a quella della Pubblica amministrazione e del fisco, è tra le condizioni poste dell’Europa, per garantire l’intero finanziamento del Recovery». «Abbiamo sottoscritto impegni ambiziosi: ridurre del 40% i tempi di definizione del processo nel civile e del 25% nel penale - puntualizza la ministra - E a questo obiettivo tendono le riforme, sia del processo civile che di quello penale, che sono ora in Parlamento». «Non posso non cominciare il mio intervento, in questa giornata così drammaticamente significativa per tutta Italia, con un pensiero a Paolo Borsellino, che il 19 luglio del 1992, 29 anni fa, veniva ucciso - insieme alla sua scorta: Emanuela Loi, Agostino Catalano, Walter Eddie Cosìna, Vincenzo Li Muli e Claudio Traìna - nella strage di via D’Amelio a Palermo. I grandi magistrati, i grandi testimoni della nostra storia, che hanno speso la vita a servizio della giustizia - come Paolo Borsellino, Giovanni Falcone e moltissimi altri magistrati - conoscevano benissimo il valore di una giustizia che funziona», è il ricordo in apertura della guardasigilli. «Una giustizia che funziona è, prima di ogni altra cosa, presidio contro la legge del più forte e contro le infiltrazioni della criminalità organizzata che impoveriscono tutto il tessuto sociale».