Altre volte Marta Cartabia ha fronteggiato la controparte con l’abilità del politico. Ma ieri a Milano, tappa d’esordio del suo “Viaggio nella giustizia”, non si è trovata di fronte i partiti, come nei vertici che hanno rivelato la sua forza diplomatica. Nel Palazzo di giustizia e nell’aula magna dell’università Statale, Cartabia ha parlato ai protagonisti del processo, avvocati e magistrati, e all’accademia. E per paradosso, è sembrata più consapevole di un possibile conflitto. Soprattutto quando ha evocato il «cantiere complicatissimo» delle riforme, che «sta impegnando molto il ministero», dove «ci sono state, e assicuro ci saranno ancora, luci accese fino a notte fonda». Ecco, di fronte alla «corsa contro il tempo» imposta dal Piano di ripresa, «io farò tutto quello che è nelle mie possibilità», dice la guardasigilli, ma, aggiunge, «non basterà: servirà la disponibilità di tutti». Una coesione che non può coniugarsi però con quelli che Cartabia definisce «interessi personali e di categoria». Evocati un attimo dopo essersi esplicitamente rivolta ad «avvocati e magistrati». Non è difficile interpretare.

La titolare della Giustizia ha da poco depositato gli emendamenti alla riforma del processo civile. A breve, come lei stessa ribadisce, «saranno portati in Consiglio dei ministri gli emendamenti al penale» e «entro luglio si concluderà la parte governativa», anche per le altre riforme: il Csm, «visto che il prossimo Consiglio non potrà essere eletto con la vecchia legge», quello sulla crisi d’impresa e, forse, l’intervento sulla magistratura onoraria. Eppure tutti questi capitoli che finora hanno tenuto impegnatissimo il ministero non sembrano impensierire Cartabia quanto le osservazioni dei magistrati e soprattutto degli avvocati al ddl civile. La guardasigilli pare riferirsi anche alle critiche ribadite venerdì scorso dal Consiglio nazionale forense, quando dice di sapere bene che «tutte le riforme sono imperfette e certamente lo saranno anche quelle messe in campo da questo governo: le riforme disturbano, i cambiamenti disturbano», aggiunge. Fino alla sfida: «Chiedo a tutti voi, magistrati e avvocati, una seria assunzione di responsabilità: lo dobbiamo al nostro Paese, dobbiamo scrivere una nuova pagina della giustizia italiana per ridare credibilità al sistema e più fiducia ai cittadini. Le critiche siano pur severe ma non prevalgano mai interessi personali o di categoria», appunto.

Il discorso è pronunciato al Palazzo di giustizia milanese davanti a una platea composta da attori del processo, avvocati, giudici e pubblici ministeri, in un clima sereno: poco dopo a parlare per il Foro sarà un presidente dell’Ordine, Vinicio Nardo, a propria volta leale nel citare anche i riconoscimenti che la ministra rivolge alla “capitale morale”. Ma sembra di poter cogliere un potenziale dialettico ancora tutto da verificare, fra Cartabia e l’avvocatura contraria a preclusioni e sanzioni previste per accelerare il processo civile.

D’altra parte la guardasigilli ricorre ad altre espressioni forti. Una su tutte: «Non dimentichiamo il ponte di Genova ricostruito in due anni, con un cantiere che ha lavorato giorno e notte anche in piena pandemia: noi siamo chiamati a costruire il nostro ponte di Genova della giustizia». Evoca quindi la riduzione dei tempi attesa dall’Ue ( «25% per i procedimenti penali e 40% nel civile, rispetto al 2019» ) e l’impegno davvero notevole che si è dovuta assumere: «In questi 4 mesi e mezzo a via Arenula, i piani delle urgenze convivono ogni giorno con quelli di una progettazione a più lungo raggio: sono stati avviati moltissimi processi di trasformazione e affrontate innumerevoli emergenze».

Al momento, a proposito di piani, non è ancora fissato il Consiglio dei ministri in cui si discuterà degli emendamenti al penale, che promettono di creare certamente una tensione coi 5 stelle. Sul merito, Cartabia offre un paio di indizi: «Considerando i dati oggettivi, si evince che la prescrizione, vexata quaestio degli ultimi governi, è un problema davvero marginale quando la giustizia funziona», dice a proposito del virtuoso esempio milanese: un modo per sdrammatizzare in anticipo il conflitto sulla legge Bonafede. Poi la ministra è forse ancora più netta quando aggiunge: «La mia riforma penale sarà frutto di una sintesi politica che, a partire dal disegno di legge già incardinato in Parlamento, tenga conto di un governo in cui è cambiata la maggioranza». Non ci si può illudere dunque - non possono farlo neppure i pentastellati che sulla prescrizione e altri aspetti del ddl penale prevalga la logica seguita durante l’esperienza giallorossa.

A Milano, e soprattutto nel secondo incontro, tenuto all’Università, Cartabia si sofferma innanzitutto sull’Ufficio del processo, struttura concepita per agevolare i giudici nel produrre sentenze, grazie all’apporto di 16.500 neoassunti a tempo determinato. È emerso che i laureati in Giurisprudenza, Economia e Scienze politiche da reclutare a breve vedranno equiparata la loro attività a un anno di frequenza nelle scuole di specializzazione per le professioni legali e a un anno di tirocinio professionale per l’accesso alle professioni di avvocato e di notaio.