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Meritano di essere segnalati, da parte delle toghe di sinistra, due assist contro il "correntismo" e la "deriva corporativa" in magistratura. Segno evidente che l'attuale degenerazione del sistema non è una semplice invenzione ma un problema molto serio che necessita di interventi urgenti e tempestivi.Il primo attacco proviene direttamente da parte dell'ex procuratore di Milano Edmondo Bruti Liberati, già esponente di spicco di Magistratura democratica, presidente dell'Anm e membro del Csm. Il secondo, invece, dal coordinamento nazionale di "Area", l'alleanza tra le toghe di Md e di Movimento per la giustizia.Bruti Liberati, l'altro giorno, in occasione della consegna di un premio alla Statale di Milano, ha affermato che nell'Anm "sembrano prevalere la chiusura corporativa, il rivendicazionismo spicciolo e l'atteggiamento spocchioso del porsi come unica istituzione sana del Paese". Rincarando la dose, "se il populismo della politica è il male, quello giudiziario è pessimo". Una dura critica contro l'idea, fatta propria anche da alcune toghe, che la magistratura "non svolga una funzione ma rappresenti uno dei poteri dello Stato".Sul punto, Area, lo scorso fine settimana, ha tenuto a Roma l'assemblea nazionale, votando all'unanimità una mozione impegnativa e dirimente. Che, di fatto, mette in evidenza quello che in molti pensano, in particolare per le nomine dei direttivi. E cioè che dietro certe scelte, al posto del merito, si nascondano "scambi" fra correnti. Infatti, come riportato nel documento finale, "il correntismo è una degenerazione che deriva dalla perdita da parte dei gruppi della magistratura associata della capacità di elaborazione politica e della capacità di assumere con coerenza la responsabilità delle proprie scelte". A tal riguardo, "Area pretende da tutti i propri associati - e dunque sia dai rappresentanti negli organi di governo autonomo che dai rappresentati - coerenza e responsabilità identiche ed esige che ciascun associato si astenga dal porre in essere condotte di tipo clientelare". Ed anzi, "chiede ai propri rappresentanti nel Csm l'assoluta trasparenza delle scelte e il massimo impegno nel comunicarne e spiegarne le ragioni". Nelle nomine dei direttivi, quindi, "Area afferma la centralità della questione morale e rifiuta categoricamente la logica della spartizione e dello scambio. Auspica che sia prevista nella normativa secondaria la massima pubblicità degli atti e dei documenti prodotti dai candidati".Altro argomento scottante, i "fuori ruolo". Gli incarichi svolti dai magistrati lontani dalla giurisdizione e da sempre considerati un approdo per le toghe "carrieriste". A tutela dell'immagine di indipendenza della magistratura, prosegue Area, "riteniamo non si debba poter attribuire prevalenza, in sede comparativa, all'esperienza che un magistrato abbia maturato ricoprendo un incarico fuori ruolo di scelta prettamente politica o che faccia apparire l'aspirante 'vicino' alla politica".Sia Bruti Liberati che Area, dopo l'affondo, propongono una possibile soluzione a queste storture. Basata, anche, sulla condivisione e sul sostegno dell'avvocatura."L'attuale sistema delle valutazioni di professionalità - prosegue Area - si è risolto in una burocratica standardizzazione dei giudizi, che favorisce la gerarchizzazione degli uffici e fomenta il carrierismo. Considera perciò necessaria una rivisitazione del sistema, che valuti il magistrato tenendo conto della concreta situazione in cui è chiamato ad operare: dunque non solo come singolo, ma come parte di un ufficio". E, dunque, "l'ampliamento delle fonti di conoscenza, anche valutando la possibilità di contributi degli Uffici giudiziari in grado di fornire informazioni utili".Pertanto, come auspicato anche dal ministro Andrea Orlando e su cui Area, a differenza di altri gruppi associativi, non era contraria in maniera preconcetta. potrebbe essere d'aiuto ad evitare questa autoreferenzialità correntizia la partecipazione di esponenti dell'avvocatura all'interno dei Consigli giudiziari. Una apertura di credito su cui, però, la base della magistratura non intende cedere.