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Il carcere si conferma un concentratore di patologie: dalle malattie psichiatriche all’Hiv, dal diabete all’Hcv, senza dimenticare neoplasie e malattie cardiovascolari. Questo è emerso al Senato, presso la Sala Isma di Roma durante l’incontro sullo stato di avanzamento del lavoro del Piano di Eliminazione dell’Epatite C in Italia, alla presenza di tutti gli attori interessati, istituzioni, specialisti, pazienti, economisti, e con i patrocini di Simit, Società Italiana Malattie Infettive e Tropicali, e dell’Istituto Superiore di Sanità. L’obiettivo di questo evento è stato quello di affrontare diversi temi e scenari di identificare e di capire i bisogni di cura complessivi della popolazione infetta da Hcv in Italia ai fini identificare possibili strategie per raggiungere gli obiettivi dell’Oms di eliminazione dell’infezione da Hcv entro l’anno 2030.
Su iniziativa del Presidente della XII Commissione Sanità Commissione Igiene del Senato Sanità Pierpaolo Sileri, alla presenza dei senatori Paola Binetti e Gaspare Marinello, della Vicepresidente della XII Commissione Affari Sociali della Camera dei Deputati Rossella Boldi, del mondo istituzionale, con il professor Stefano Vella e Annarita Ciccaglione, direttore reparto Epatiti Iss, specialisti, tecnici, farmaco economisti e rappresentanti dell’associazione pazienti EpaC onlus, nonché dei manager delle principali aziende farmaceutiche impegnate nell’eliminazione del virus attraverso l’utilizzo di nuove terapie efficaci in poche settimane, la tavola rotonda moderata dal giornalista Daniel Della Seta ha permesso di mettere a fuoco le priorità e le necessità di ciascuno per contribuire a questa battaglia culturale. Per arrivare all’obiettivo zero epatite C ci vogliono delle risorse, attualmente da identificare, dedicate oltre ai farmaci innovativi per attività di screening, di linkage to care, di informazione e comunicazione alla popolazione.
Si è parlato, appunto, anche delle malattie virali contratte in carcere attraverso alcuni dati preliminari. «Quello che ha colpito maggiormente durante questa fase iniziale di screening è che i detenuti sono maggiormente informati e sono disposti a farsi aiutare in caso di malattia – ha spiegato il professor Sergio Babudieri, Direttore Scientifico della Simispe, Società Italiana di Medicina e Sanità Penitenziaria – La facilità nella somministrazione del test orale per epatite, veloce e non invasivo, è stato ben accolto da tutta la popolazione presente, con risultati sorprendenti. Se prima, infatti, si pensava che fosse di circa il 70% la percentuale dei viremici, i dati finora raccolti parlano “soltanto” di un 30%. E l’Hcv è una malattia che produce malattia». Ha proseguito sempre Babudieri: «Abbiamo trovato una tendenza, e quindi non ancora un dato scientificamente valido, che trova però riscontro anche con altre ricerche in corso Sembrerebbe che molte persone che vengono a contatto con il virus lo eliminano in maniera spontanea. Questo trend, se venisse confermato dalle successive fasi di screening, abbasserebbe di fatto l’allarme su questa malattia, e quindi renderebbe possibile l’obiettivo previsto per il 2030, anche prima di questa data. Rimangono però da combattere gli altri gruppi maggiormente a rischio: parliamo dei tossicodipendenti, di quelli dediti a tatuaggi e piercing, dei giovani sessualmente attivi con partner multipli».