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Nel pieno della pandemia, durante le proteste anche per la compressione del diritto ai colloqui coi familiari, avrebbero aggredito tre agenti della polizia penitenziaria nel carcere San Vittore di Milano distruggendone gli arredi. Ora, a 12 detenuti, 5 italiani e gli altri 7 cittadini di Marocco, Tunisia, Gambia e Algeria, di età comprese tra i 21 e i 48 anni, è arrivato dalla Procura di Milano l’avviso di chiusura delle indagini con le accuse, a vario titolo, di sequestro di persona, devastazione e saccheggio, lesioni personali e rapina. Secondo gli inquirenti si sarebbe trattato di un vero e proprio «piano criminale». Secondo quanto riporta l'Agi, il capo d’imputazione ricostruisce, stando alla Procura, quello che accadde il 9 marzo nell’ambito di quello che viene ritenuto «un unico piano criminoso durante la rivolta nell’istituto penitenziario». A quattro indagati viene contestata «la devastazione del terzo e del quinto reparto con la distruzione delle telecamere posizionate ai singoli piani, rendendole del tutto inservibili e di molti altri beni suppellettili dell’amministrazione: video,termosifoni, sbarre di porte e finestre, armadi, scrivanie,sedie, faldoni, documenti e suppellettili». Nel corso dei tumulti, tre agenti della polizia penitenziaria sarebbero stati aggrediti per portargli via le chiavi e privati della libertà personale. In un caso, l’assalto sarebbe consistita nello strappargli radio, telefono cordless e chiavi del cancello della sezione puntandogli contro una lametta e «con l’intimidazione corale di fargli male», se non avesse obbedito. Simile l’accerchiamento ai danni di un altro agente, al quale sarebbe stato tolto dalla mani il cinturone a cui erano legate le chiavi provocandogli «uno stato di choc con la minaccia di fargli del male». La vittima avrebbe riportato «lesioni personali di tipo psicologico, tra cui insonnia e inappetenza per una durata di giorni superiore a 21».